I due banditi usavano i permessi premio per le rapine

Re della «mala», Bruni e Di Bitonto sono indagati anche per altri colpi. Per i carabinieri quello era il loro "lavoro" fuori dal carcere di Daniele De Salvo

Rapina a Casatenovo, immagini telecamera videosorveglianza

Rapina a Casatenovo, immagini telecamera videosorveglianza

Casatenovo, 29 agosto 2014 - Sembrano usciti dalle pagine di un romanzo di Giorgio Scerbanenco, tipo «Milano calibro 9», o dai fotogrammi di una pellicola noire di Fernando Di Leo, come «La mala ordina». Mario Bruni, detto Luigino o Gino, di 55 anni e Savino Di Bitonto di 57, i due banditi arrestati l’altro giorno dai carabinieri del Nucleo operativo di Merate per un assalto in banca a Casatenovo e una a Carate Brianza, negli anni ‘80 e ‘90 era considerati i signori della mala metropolitana. Gente tosta, spregiudicata, se necessario dal grilletto facile, che hanno messo a segno decine e decine di colpi, anche quando si trovavano dietro le sbarre ad Opera, tutti insieme. Approfittavano dei permessi premio o della semilibertà vigilata per scorrazzare in tutta la regione e anche oltre per recuperare soldi nell’unico modo che a quanto pare abbiamo mai conosciuto: le rapine.

Ne hanno compiute nel capoluogo lombardo, a Monza, Muggiò, Rossano, armati di coltelli, pistole clandestine, ma anche di kalashnikov. In un’occasione, durante la fuga, ci scappò pure il morto. Gravitavano attorno al gruppo di Pino Mancini, Gioacchino Bonaventura, Tonino Daniele Cataldo, il boss Tonino Ausilio chiamato «il topo» che ha ordinato l’eliminazione nel 2006 a Segrate della sua amante avvocatessa, Luigi Cicalese, coinvolti in delitti ormai dimenticati. Vantavano rapporti con uomini d’onore, calabresi soprattutto e pugliesi, potevano contare su medici compiacenti per certificati falsi oppure sulla compiacenza di secondini. Delle loro imprese ne ha parlato anche un collaboratore di giustizia in un libro, intitolato «La mia semilibertà», nel quale si racconta come la generosità dello Stato nel concedere uscite per buona condotta, domiciliari, affidamento agli assistenti sociali, per molti non sia stato altro che una licenza per continuare o tornare a delinquere. Per questo le indagini da parte degli investigatori della sezione scientifica alle dipendenze del luogotente Germano Montanari e dei militari della Compagnia brianzola comandati dal capitano Giorgio Santacroce proseguono.

Il sospetto è che personaggi del genere, vecchio stampo, anche di recente di colpi ne abbiano messi a segno molti di più di quelli scoperti, compreso quello alla Popolare di Sondrio di viale Corsica a Milano il 17 aprile 2013 costato il loro immediato ritorno in carcere. Si cercano inoltre i complici, la banda sembrerebbe sia composta da quattro individui. Uno dei sospettati si trova già in cella, parrebbe si tratti del trentottenne Agostino Santoiemma, un incensurato con il compito di palo, pure lui catturato durante l’ultimo raid dell’aprile scorso.