Aicha accompagnata dalla polizia
Abbadia Lariana (Lecco) 27 ottobre 2014 - È cambiata. Nell’aspetto innanzitutto. I suoi capelli sono corti, neri, crespi, risaltano la carnagione color ebano, non porta più le extension posticce. Sul viso non si scorge trucco. Il portamento è quello fiero di sempre, i suoi occhi scuri però guardano in basso. Ma Aicha Christine Eulodie Coulibaly, la mamma 26enne della Costa d’Avorio che la mattina di mercoledì 25 ottobre 2013 ha ucciso il figlio Niccolò di appena tre anni, pare mutata anche interiormente, nell’animo. Ha preso coscienza che il suo primogenito non c’è più e che ad accoltellarlo è stata proprio lei. Sogna di poterlo piangere sulla tomba, di salutarlo per l’ultima volta.
Vorrebbe anche riabbracciare la secondogenita, Sara, che intanto ha compiuto un anno. E poi spera di potersi ricostruire un’esistenza, lontano dall’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere dove il giudice l’ha condannata a dieci anni. «E adesso?», ha domandato smarrita dopo la lettura del dispositivo. Lo sbigottimento però è durato un attimo, confida che con il tempo il magistrato di sorveglianza a cui è affidata riconosca i progressi compiuti. In attesa, trascorre il tempo eseguendo lavoretti, confrontandosi con gli psichiatri, rispondendo alle lettere che riceve. Ma a Castiglione ha incontrato e stretto rapporti profondi pure con altre mamme come lei. Tra loro c’è Edlira Copa, la 37enne albanese che lo scorso marzo a Chiuso di Lecco ha sgozzato le sue tre figlie di 13, 10 e 2 anni.