Processo Metastasi, «Palermo mi minacciava... E io avevo paura»

In aula a Lecco i teste Cadeddu e Scarfò. E lunedì sarà ascoltato il sindaco Virginio Brivio

L’EX CONSIGLIERE Ernesto Palermo

L’EX CONSIGLIERE Ernesto Palermo

Lecco, 24 aprile 2015 - «Ernesto Palermo? Uno decisamente sopra le righe...». L’ex consigliere non è in aula (è stato appena condannato in rito abbreviato a sei anni e 8 mesi) ma è ancora una volta lui il protagonista di Metastasi: a processo il presunto boss della locale di ’ndrangheta di Lecco, Mario Trovato, coi Saverio Lilliu, Antonello Redaelli, Massimo Nasatti e Antonino Romeo. Insieme a loro, l’imprenditore Claudio Crotta e l’ex sindaco di Valmadrera Marco Rusconi. In tribunale a Lecco, ieri è stata la volta di Leonardo Cadeddu, ascoltato come teste sull’attentato notturno all’Old Wild West di proprietà degli imprenditori milanesi Giovanni Porcu e Massimo Taddei (anche loro testimoni in aula): una raffica di proiettili sparati tra il 15 e il 16 gennaio del 2012 contro la vetrina del locale del Palataurus. Un episodio dietro il quale, secondo la tesi della Procura, ci sarebbe proprio la mano di Palermo, «irritato» perché «voleva ottenere la protezione» del nuovo ristorante.

«Sono stato io a presentare Palermo ai miei amici Porcu e Taddei – ha raccontato Cadeddu –. Conoscevo l’ex consigliere perché insegnavamo entrambi allo stesso istituto di Galbiate, e lui si era proposto per trovare una location idonea a ospitare il locale di prossima apertura». L’affare non va a buon fine, ma Palermo – ricorda sempre Cadeddu – continua a chiamare con insistenza il professore. «Voleva sapere a che punto erano i lavori... Ben presto iniziò a parlare espressamente di “protezione“ e infine passò alle minacce... Avevo molta paura...».

Al banco dei testimoni ieri è stata la volta anche di Concetta Scarfò, ex moglie di Fabio Conti, ascoltata sulla vicenda della presunta estorsione di Antonino Romeo, «mio carissimo amico», precisa la Scarfò che esrodisce con una sequela di «non so, non ricordo» di fronte alle domande del magistrato Claudio Gittardi e del presidente del tribunale Enrico Manzi. Ammettendo però, infine, di aver portato una busta con 4.500 euro a Romeo, soldi che dovevano essere consegnati al commercialista Parisi (estraneo al processo) con cui Conti aveva un debito. «È sicura che quei soldi siano arrivati al commercialista?», chiede il pm. «Sicurissima... Non ho commesso nessun reato... Mi fido di Antonino».