Giovedì 25 Aprile 2024

Metastasi, altro colpo di scena: il processo può tornare in città

Il presidente del tribunale, Enrico Manzi, che presiede il processo conferma: «Ragioni di opportunità»

Mario Trovato e alcuni dei personaggi coinvolti nell’inchiesta fotografato dalla Dda (Cardini)

Mario Trovato e alcuni dei personaggi coinvolti nell’inchiesta fotografato dalla Dda (Cardini)

Lecco, 21, gennaio 2015 - La caccia ai prestanome di Metastasi è ormai aperta. O meglio, ora è ufficialmente noto che gli uomini della Dda di Milano stanno indagando su quei soggetti che nell’ambito dell’inchiesta conclusasi con i dieci arresti dell’aprile scorso sarebbero coinvolti nella violazioni delle normative anti-riciclaggio. Lo ha annunciato l’altro giorno il gip del tribunale di Milano Roberto Arnaldi durante il processo ai tre imputati – l’ex consigliere comunale (e professore in una scuola di Morbegno) Ernesto Palermo (nella foto), Alessandro Nania e Claudio Bongarzone - che hanno scelto la via del rito abbreviato. I pm della Dda sarebbero pronti a chiedere il rinvio a giudizio per quanti risulterebbero aver violato con raggiri la normativa anti-riciclaggio (tutelata dell’articolo 12 quinquies) nel caso di soggetti coinvolti in attività mafiose.

Nel mirino i soggetti già colpiti da tale norme e nel caso di Metastasi sarebbero tutti coloro già oggetto di precedenti condanne per reati di mafia (Mario Trovato, fratello del superbosso Franco, su tutti), sia coloro a cui questi soggetti si sarebbero appoggiati, i «prestanome» appunto. Che sempre rimanendo nell’operazione potrebbero portare - ma è tutto ancora avvolto dal più stretto riserbo - a nuovi guai per Saverio Lilliu e Antonello Redaelli, ufficialmente titolari della Paré srl che si aggiudicò l’appalto nell’omima zona di Valmadrera, fulcro di tutta la vicenda. Ma la giornata di ieri ha riservato un altro colpo di scena, questa volta sulla sponda prettamente lecchese. Ieri mattina il presidente del tribunale di Lecco, Enrico Manzi, ha ammesso che sarebbe intenzionato a riportare in città il procedimento da lui presieduto «per evidenti ragioni di opportunità, visto che si tratta di un processo istruito dalla nostra cancelleria».

Le prime udienze, al contrario, si sono tenute sin qui nell’aula bunker di Milano ma solo per ragioni di sicurezza visto che a due dei sette imputati - gli stessi Redaelli e Lilliu, guarda caso- è fatto divieto di incontrarsi. E perché questo divieto? Perché forse l’accusa teme che i due possano accordarsi su eventuali versioni «di comodo», magari proprio sul loro ruolo di «prestanome» in nome e per conto della famiglia Trovato. Una volta sciolto questo vincolo, basterà un’unica gabbia e non due come quelle dell’aula bunker, presupposto per rimanere a Milano.

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