Malore fatale, morto in carcere ex consigliere comunale di Merate

Massimo Bonanomi aveva 71 anni e a febbraio aveva patteggiato tre anni per atti sessuali su bambine che non aveva mai toccato di Daniele De Salvo

Il carcere di Bollate

Il carcere di Bollate

Merate (Lecco), 27 luglio 2015 – Dopo l'arresto e la carcerazione il suo avvocato difensore aveva subito presentato domanda per una pena alternativa alla prigione sia per l'età sia per i problemi di salute di cui soffriva, ma ormai è tardi, l'istanza non verrà mai esaminata. Massimo Bonanomi, Mino come lo chiamavano tutti, settantunenne di Merate, ex consigliere comunale, è morto ieri sera, domenica, nel penitenziario di Bollate, dove era stato trasferito di recente da quello di Lecco, stroncato da un malore.

A lanciare l'allarme è stato un altro detenuto, suo compagno di cella. Gli agenti della polizia penitenziaria gli hanno subito prestato i primi soccorsi, poi il trasferimento d'urgenza al più vicino ospedale, ma non è servito a nulla. Sulla vicenda è stata aperta un'inchiesta d'ufficio. Non è stata ancora disposta l'autopsia e quindi non si conosce ancora la data delle esequie.

Il pensionato era molto noto in città, soprattutto nelle frazione di Pagnano, dove abitava non solo per i trascorsi nell'amministrazione comunale, ma anche per il suo impegno sociale e civile nel centro parrocchiale giovanile e nell'organizzazione della festa patronale di San Giuseppe di Cicognola. A febbraio aveva patteggiato una condanna a tre anni di reclusione per atti sessuali su tre bambine, che non aveva sfiorato ma alle quali aveva riservato attenzioni particolari.

Per complessi meccanismi normativi, avendo scelto di assumersi tutte le sue responsabilità senza presentare ricorso in Appello, sebbene per lui fossero stati previsti i domiciliari, nonostante l'età e alcuni disturbi fisici, a maggio per lui si erano aperte le porte del carcere, dal quale è uscito solo su una barella e privo di vita. La notizia è stata confermata anche dal suo legale di fiducia Massimo Tebaldi che per lui aveva sollecitato appunto la scarcerazione perché le condizioni di reclusione non sarebbero state compatibili con il suo stato di salute.