Corsa in montagna, Golinelli batte pure la carta d'identità

Una lunga chiacchierata con l'«ingegnere volante» che a 43 anni si lascia alle spalle avversari di dieci anni in meno, come alla ResegUp

Nicola Golinelli, 43 anni, taglia il traguardo dell'ultima ResegUp

Nicola Golinelli, 43 anni, taglia il traguardo dell'ultima ResegUp

Lecco, 14 giugno 2015 - Proprio ieri Nicola Golinelli ha chiuso il Grignetta Vertical, salita di sola andata dai Piani Resinelli fino ai 2184 metri della vetta, al secondo posto dietro al vincitore Michele Boscacci. Tra i due l’inezia di quattro secondi ma anche diciotto anni di differenza, che invece non sono briciole. Sabato scorso l’«ingegnere volante» di Lecco si era invece tolto la soddisfazione di vincere la sua terza Resegup, la skyrace Lecco-Resegone andata e ritorno, chiudendo in 2h13’18’’ e lasciandosi alle spalle Tadei Pivk, che di anni ne ha dieci in meno di lui e soprattutto fa questo di mestiere.

Nicola, come fai?

«Bisogna farsi un mazzo così, semplice e mi fa ridere quello che sento dire al bar quando si parla di doping: la gente non sa nemmeno quanti sacrifici ci sono dietro. Soprattutto se sei uno come me, che questo non lo fa di mestiere e prima deve pensare al lavoro che ti porta via mezza giornata».

Com’è appunto la tua giornata?

«Mi alleno quando posso: prima del lavoro e soprattutto dopo. Devi avere la costanza di farlo anche quando arrivi a casa alla sera alle 5.30 e magari e inverno e fa freddo: ti metti le scarpette e vai».

Che tabelle segui?

«Guarda, non ne seguo proprio, vado a sensazioni ma di sicuro se vuoi uscire dalla norma, non ti devi allenare nella norma: se la tabella ad esempio ti dice di fare dieci ripetute, tu devi provare a farne dodici e poi una in più e spostare sempre più in là l’asticella altrimenti ripeto non vai da nessuna parte. E io sono uno che non parte per arrivare secondo».

E l’alimentazione?

«Anche qui non si sgarra perché un chilo sopra il peso forma significa un minuto in più all’ora. A colazione peso l’avena, a pranzo pasta in bianco e insalata, alla sera carne ai ferri o pesce e ancora verdura. Bandite ormai le cene con gli amici perché non posso mangiare pizza, dolci, non tocco alcolici e nemmeno Coca Cola, così preferisco stare a casa altrimenti morirei dalla tentazione perchè invece sono un goloso».

E tua moglie che dice?

«È una santa perché il mio tempo libero lo passo ad allenarmi oppure a riposarmi dopo gli allenamenti. Lo so, sono un certosino, uno che guarda al dettaglio e non potrei fare altrimenti: se non faccio così non vincerei e non parto per arrivare secondo altrimenti lascio stare. Sono fatto così».

Il resto lo fa il dna?

«Sì e quello te lo dà tua mamma quando ti mette al mondo. Diciamo che parto con un buon motore, che poi ho sempre allenato perché ho sempre fatto sport nella vita, mica ti inventi dal nulla per fare certi risultati. Poi servono la centralina, la testa: devi essere equilibrato e razionale altrimenti non vai da nessuna parte. Conosco delle persone che non avevano equilibrio e dopo certi sforzi sono “sbiellati“: in questo senso è importante la donna che hai al tuo fianco. E infine c’è il telaio, che è il tuo corpo».

Da ingegnere come va questa macchina che a settembre fa il tagliando dei 43 anni?

«A gennaio ho rotto il menisco del ginocchio destro, che ormai non ha più legamenti ed è tenuto insieme dai muscoli. A quest’età pensavo cominciasse a perdere colpi il motore e invece è il telaio che scricchiola: non vorrei ritrovarmi in carrozzina a cinquanta. Per questo d’ora in poi eviterò le gare con troppa discesa per limitare al minimo i colpi».

Ti spaventa sapere che un giorno dovrai smettere?

«So che arriverà quel momento ma so anche che non rinuncerò alla corsa, solo la declinerò in modo diverso. Magari andrò solo in montagna: da bambino ero un grande appassionato, mi ricordo un libro di Messner che mi aveva affascinato. Da studente ho sognato di partecipare a una spedizione sul Cho Oyu con l’amico “Butch“ (Marco Anghileri, nel marzo 2014 sul Pilone Centrale del Monte Bianco, ndr) ma a quell’epoca ero studente e non avevo i soldi. Così ho trovato poi la mia strada».