Stupro di gruppo a Dervio: «Vanessa deve essere risentita»

La Cassazione impone il contraddittorio in aula con la vittima a dieci anni dalla presunta violenza del branco

I giudici della Corte di Cassazione

I giudici della Corte di Cassazione

Lecco, 27 giugno 2015 - A dieci anni dai fatti Vanessa dovrà tornare in aula e raccontare di nuovo cosa avvenne quella notte del 6 marzo 2005 quando, stando al suo primo racconto, sarebbe stata violentata da quattro ragazzi poco più grandi che prima si offrirono di darle un passaggio a casa e poi l’avrebbero abusata su una spiaggia sotto la Provinciale 72, tra Dervio e Colico.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza del 3 marzo scorso e le cui motivazioni sono state rese note proprio nelle ultime ore. Nel dispositivo a firma del presidente Carlo Giuseppe Brusco la Suprema Corte ha così annullato (per la seconda volta) la sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano aveva ritenuto colpevoli (condanne fino oltre i sette anni) i cugini Mattia e Daniel Fontanini, Marco Grigi e Manuel Pedrazzoli.

Contro la condanna avevano fatto ricorso l’avvocato Michele Cervati, difensore di Grigi e Pedrazzoli unitamente alla collega Laura Redaelli e al professor Paolo Veneziani di Parma invocando la violazione dei principi del giusto processo sanciti nell’articolo 6 della Convenzione Europea. E la Corte di Cassazione dà loro ragione evidenziando i dettami della Corte Europea secondo cui «se una corte d’appello è chiamata ad esaminare un caso in fatto e in diritto e a compiere una valutazione completa della questione della colpevolezza o dell’innocenza del ricorrente, non può determinare correttamente tali questioni senza una valutazione diretta delle prove». Non solo: va rispettato anche il principio del contraddittorio soprattutto «quando il provvedimento di condanna si basi in misura determinante su una testimonianza non sottoposta a controinterrogatorio».

Principio violato secondo la Cassazione, dalla Corte d’Appello che aveva riformato la sentenza assolutoria (per insufficienza di prove) in primo grado dal tribunale di Lecco (dicembre 2009) «ascoltando in camera di consiglio la deposizione testimoniale videoregistrata della teste d’accusa senza la presenza delle parti». Ecco perché dopo dieci anni Vanessa dovrà essere riascoltata in aula per assicurare il rispetto del diritto al contradditorio. «Siamo soddisfatti perché la Corte di Cassazione ha condiviso le nostre argomentazioni», commenta l’avvocato Michele Cervati.

«É una sentenza importante, in linea con i principi del giusto processo, che recepisce i recenti orientamenti della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di diritto di difesa; in particolare viene ribadita la necessità di vagliare scrupolosamente e in maniera diretta, anche da parte dei Giudici d’appello, l’attendibilità della persona offesa, nel pieno contraddittorio tra le parti. Cosa che non è avvenuta in questo processo, essendosi i Giudici limitati a riascoltare in camera di consiglio, in assenza delle parti, la deposizione testimoniale resa ai tempi dalla persona offesa, che dovrà ora essere nuovamente esaminata davanti alla Corte d’Appello».