Foreign fighters, mamma di Barzago si arruola nell'Isis e fugge. Il marito: "Ho paura per mio figlio"

È tornato per pranzo e il piccolo non c’era più. Rapito, come scoprirà di lì a poche ore, da sua moglie Valbona in una folle fuga con una destinazione e un obiettivo: la Guerra Santa dell’Isis. Fino in Siria per diventare una "sorella della jihad" di Agnese Pini

Militanti dell'isis a Raqqa (Ap)

Militanti dell'isis a Raqqa (Ap)

Barzago (Lecco), 31 gennaio 2015 - Abbassa il finestrino dell’auto prima di uscire dal cortile della palazzina popolare e di sparire in fondo alla via Milano deserta. La voce gli esce rauca e rabbiosa. Non vede suo figlio da 43 giorni. «Lo volete vivo questo bambino? Oppure lo volete con la gola tagliata? E allora basta adesso, basta». Il bambino ha sei anni, l’ultima volta in cui suo papà Afrim Berisha lo ha avuto davanti agli occhi era la mattina del 17 dicembre prima di andare a lavorare al cantiere nella ditta in cui fa il muratore dal 1995, da quando lasciò l’Albania per l’Italia. È tornato per pranzo e il piccolo non c’era più. Rapito, come scoprirà di lì a poche ore, da sua moglie Valbona in una folle fuga con una destinazione e un obiettivo: la Guerra Santa dell’Isis. Fino in Siria per diventare una «sorella della jihad» e trasformare il figlio che aveva appena iniziato la prima elementare in un novizio dell’esercito di Allah. Mezzogiorno di venerdì mattina, Barzago, a una manciata di chilometri da Lecco, meno di tremila abitanti. Un’edicola, un bar, una farmacia, una chiesa e una scuola. Le ultime radici del nuovo spettro del terrorismo internazionale arrivano qui, in un caseggiato a pianta rettangolare che dista trenta metri dalla Provinciale. Da questo caseggiato partono le delicate indagini coordinate dalla Procura di Milano e affidate ai Ros, per ritrovare una donna e una madre trasformata in potenziale terrorista e riportare a casa un bimbo innocente, secondo la pista seguita finora dall’inchiesta. 

Afrim lo conoscono tutti in paese: lui, la moglie Valbona e tre figli, due femmine quasi adolescenti e un maschietto. «Islamici sì, ma non integralisti», assicurano. Eppure qualcosa aveva iniziato a maturare nella mente di Valbona già da tempo. «Da tre anni», da quando aveva iniziato a coprire i capelli e il collo con il velo. Una lenta conversione che si è fatta di giorno in giorno più estrema, fino alla pianificazione della fuga. Come? Attraverso internet, sostengono i parenti. Dal web i primi contatti con i combattenti votati alla causa del Califfato islamico, e poi la decisione: lasciare tutto, rinnegare il passato, trascinare in questo progetto anche il figlio.  «Li pagano bene, i bambini», spiegano gli esperti di terrorismo. Specie i piccoli sotto i 10 anni sono ricercatissimi dai guerriglieri: più malleabili, più addestrabili.  Quando Afrim ha scoperto che Valbona era fuggita insieme al suo bambino non ha perso tempo: si è messo in macchina insieme a un connazionale, è arrivato in Turchia e da lì al confine con la Siria. Pronto a tutto pur di ritrovarla e di riportare a casa almeno suo figlio. È stato inutile. Lo hanno fermato i guerriglieri a un posto di blocco dell’Isis. «È meglio che te ne vai, se non vuoi essere ucciso».