Montevecchia, sale in sella e si ferma solo dopo 24 mesi e 26mila chilometri

Il giro del mondo di Ruggero Cavenaghi. Aveva lasciato il lavoro a Parigi per salire la sua avventura

Ruggero Cavenaghi, 38 anni

Ruggero Cavenaghi, 38 anni

Montevecchia (Lecco), 10 dicembre 2016 - Ha girato mezzo mondo in bicicletta, pedalando senza sosta per 24 mesi e macinando quasi 26mila chilometri tra Sud America, Oceania, Asia e Europa. Ruggero Cavenaghi, Rug come lo chiamano gli amici, 38 anni di Montevecchia, ha coltivato il suo sogno di libertà per un intero lustro, poi nel novembre 2014 ha lasciato il proprio posto di lavoro sicuro e ben pagato da esperto informatico a Parigi, è saltato in sella e non si è più fermato. Ha attraversato l’Argentina, dalla Terra dei fuochi, sino alla Ande, il Cile, la Bolivia, il Perù, l’Ecuador, la Colombia e poi la Nuova Zelanda, l’Australia, l’India, il Nepal e ancora Paesi dal nome quasi impronunciabile come il Tagikistan, il Kirghizistan e il Kurdistan, l’Iran, la Turchia, la Grecia e naturalmente l’Italia. La sua è una vera e propria impresa, sebbene di aver compiuto un’impresa a lui non interessa affatto.

Lo dimostra il fatto che nemmeno si è premurato di calcolare la lunghezza del tragitto complessivo quando gli si è rotto il contachilometri, né di segnare il tracciato preciso con il gps e neppure di annotare le altimetrie, sebbene a spanne solo nella prima parte transoceanica del suo tour abbia affrontato un dislivello complessivo di almeno 100 km, ripetutamente su è giù dalle pianure sconfinate ai passi a 5mila metri di quota. «Il mio unico desiderio è sempre stato solo quello di visitare luoghi remoti, conoscere persone, coltivare la mia passione per la bici, lo sport e i viaggi, gustarmi e assaporare la strada», racconta. E di posti tutti da scoprire ne ha visti molti:

«Spostarsi in bicicletta consente di godere di paesaggi e di località che altrimenti non si scorgerebbero nemmeno attraverso i normali itinerari turistici». Come ha incontrato moltissima gente, ciclisti come lui innanzitutto, ma soprattutto chi nei posti in cui è stato ci vive: «Ho alloggiato nei villaggi, trovato ospitalità dai pompieri volontari del Sud America oppure da semplici cittadini che mi hanno aperto casa loro per una doccia calda e una notte di ristoro. Spesso ho bivaccato e campeggiato nella mia tenda». I momenti di difficoltà non sono mancati, come il primo mese di avventura durante il quale ha dovuto farsi fiato e gambe, o quando in mezzo al nulla la sua robusta bici lo ha piantato in asso senza possibilità di aggiustarla subito, oppure quando ha rischiato di essere derubato o alcuni poliziotti in borghese a Teheran lo hanno fermato.

«Eppure ho constatato che con un poco di accortezza e prudenza la terra è un pianeta sicuro. I rischi più grandi che ho corso sono stati quelli dovuti al traffico», assicura. Ora che è nella sua Montevecchia ne approfitta per il meritato riposo, ma dopo le feste si cercherà un nuovo impiego e ricomincerà una «vita normale».