La Betlemme di Pino Bollini

Continua instancabile l’attività dell’ex primario impegnato da anni in Kenya con iniziative in aiuto del «popolo dimenticato» di Sololo

Pino Bollini

Pino Bollini

Robbiate (Lecco) - 29 dicembre 2017 - E' una sorta di Betlemme. Ci sono le capanne, il deserto, i pastori, che lì sono si chiamano Borana, gli asinelli, i cammelli e i dromedari come quelli dei Re magi, di notte le stelle risplendono luminose come comete e ci sono tanti Gesù bambino. Ma non è Betlemme, è Sololo, nord est del Kenya, sul confine con l’Etiopia, una delle zone subsahariane più povere, dove si muore ancora di fame e di sete, un angolo sperduto del mondo che pare dimenticato da tutti. Da tutti forse, ma certamente non dal dottor Giuseppe Bollini, Pino per gli amici, 70 anni di Robbiate, ex primario del Pronto soccorso del San Leopoldo Mandic di Merate, ammalato cronico di mal d’Africa, che ha rinunciato a carriera, pensione e vicinanza ai familiari per stare con quello che lui chiama «il popolo dimenticato».

In questi giorni è tornato a casa, in Brianza, per riposarsi un poco, godere degli affetti dei propri cari e soprattutto raccogliere fondi per l’Obbitu children village, un villaggio per gli orfani soprattutto dell’Aids, un’epidemia che ha messo in crisi il tradizionale sistema di affido dei bambini da parte dei familiari più prossimi, i quali non sono più in grado di fronteggiare da soli la situazione.

«Complessivamente assistiamo circa 300 minori, scongiurando il rischio del fenomeno dei bambini di strada, ma beneficiano del progetto direttamente o indirettamente un migliaio di persone – spiega il medico -. L’iniziativa è gestita fondamentalmente da chi lì ci vive». La situazione non è semplice, basta un periodo di siccità o di carestia, qualche sconfinamento dovuto ai conflitti etnici o semplicemente per sopravvivere per vanificare il lungo lavoro svolto e condannare pressoché a morte certa un’intera comunità.

Eppure con appena 252 euro all’anno è possibile garantire un sostegno a distanza e assicurare a un bambino vitto, alloggio, istruzione e salute. «Una cometa sembra indicare una capanna dove dentro c’è in apparenza il nulla – prosegue il dottore, il cui pensiero e affetto sono sempre rivolti là, in quell’angolo sperduto di Continente Nero -. Il mio sincero augurio di Natale è che il cuore di molti possa trovare una capanna in cui approdare». Magari proprio una delle capanne di Sololo e dell’Obbitu children village, dove tanti Gesù bambino aspettano che qualcuno porga loro un dono.