Autoprofilassi contro la meningite: la psicosi collettiva corre in chat

È successo nei giorni scorsi dopo il ricovero di una bimba

Bimbi vaccinati

Bimbi vaccinati

Lecco, 27 maggio 2017 - «Una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale, come una freccia dall’arco scocca vola veloce di bocca in bocca», cantava il compianto Fabrizio De Andrè. Era il 1967 e i telefonini non esistevano ancora, tanto meno i social network. Oggi, invece che «di bocca in bocca», le notizie volano di smartphone in smartphone e si propagano in chat. È successo con la notizia di una 12enne iscritta alle medie di Valmadrera che è stata ricoverata per meningite. Nonostante abbia contratto una forma non contagiosa, per la quale non è stato necessario effettuare alcuna profilassi poiché non sussiste rischio di epidemia, tra molti genitori dei compagni di scuola della ragazzina si è scatenata una vera e propria psicosi collettiva.

A scatenare il panico generale sono state soprattutto alcune mamme, le quali, in una sorta di moderna catena di sant’Antonio, tramite il gruppo WhatsApp di classe, hanno amplificato a dismisura la portata di quanto accaduto. La situazione nel giro di poche ore è sfuggita da ogni controllo. Qualcuna, senza consultare medici né specialisti e senza prescrizione, ha persino somministrato al proprio figlio massicce dosi di potenti antibiotici, consigliando alle altre di fare altrettanto. Per tranquillizzare e ricondurre i genitori alla ragione la responsabile dell’ufficio Relazioni con il pubblico dell’Ats della Brianza Stefania Bolis è stata costretta a divulgare una nota per avvisare che «non è richiesta, né tanto meno consigliata, la somministrazione di antibiotici o altri farmaci».

«Se in simili frangenti non comunichiamo nulla e non contattiamo nessuno è perché non c’è nulla da comunicare né nessuno da contattare – aggiunge la responsabile della comunicazione -. In caso di meningite è sempre disponibile 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, la cossiddetta guardia igienica permanente che viene subito informata e avvia immediatamente l’indagine epidemiologica per stabilire le azioni necessarie da intraprendere». Purtroppo, nell’era di internet, come sosteneva Umberto Eco, «i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar, senza danneggiare la collettività, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel», magari consigliando via WhatsApp di somministrare antibiotici non solo non necessari, ma potenzialmente pericolosi.