2010-02-26
di LUCA VIDO
ARIANNA Scommegna, dopo «La Molly» dagli echi joyciani e «Qui città di M.», scritto per lei da Piero Colaprico, torna in scena con un’altra ottima, anzi straordinaria, interpretazione. La scelta, questa volta, cade su Testori. Sotto l’attenta regia di Gigi Dall’Aglio, la Scommegna incarna «Cleopatràs» (nella foto) nel primo dei monologhi inseriti nei «Tre lai», composti da Testori poco prima della morte e pubblicati postumi nel 1994. Uno splendido trittico di lamenti di morte, fatti di carne, eros e poesia, nei quali Cleopatra, Erodiade e la Madonna si rivolgono al loro amato utilizzando un linguaggio affascinante, un misto di grammelot, inventato da Testori, con echi e richiami al dialetto lombardo che ne fanno una lingua carnale, diretta, emotiva e poetica.
In «Cleopatràs» si vive il disperato addio della regina egiziana, ma potrebbe essere quello di una qualunque donna, dal suo defunto Antonio. Un canto di morte, accompagnato, anzi sottolineato, dal violoncello mai fuori misura della brava Chiara Torselli, che si fa, infine, inno alla vita. Inno composto di metrici versi materici, di godibile intuizione, di gesti e oggetti simbolici (come quel versarsi sul candido vestito colori blu, rosso e verde, o quel cestino, presente e assente che cela il serpente che secondo la leggenda la uccise con il suo morso). Ma composto, e innalzato, soprattutto da un’attrice che si conferma di straordinario talento, capace di passare con disinvoltura, in un batter di ciglia, con il corpo e con la voce, da un registro drammatico al comico (e Testori ne è maestro), dal divino, come la scena finale nella quale si rivolge direttamente a Dio, al carnale con la sua attrazione-repulsione verso quel bel garzone che il cestino di morte le ha consegnato. Un’interpretazione da non perdere, e da applaudire.
«Cleopatràs», da Giovanni Testori, regia di Gigi Dall’Aglio, con Arianna Scommegna e Chiara Torselli (violoncello). Al Teatro Ringhiera fino a domenica.