Morto in Grignetta, i funerali di Giovanni Giarletta: "Ci mancherà il tuo altruismo"

Lecco, tantissimi amici e colleghi del Soccorso alpino ai funerali dell'alpinista travolto dalla valanga

I colleghi del Soccorso alpino portano in chiesa il feretro di Giovanni Giarletta

I colleghi del Soccorso alpino portano in chiesa il feretro di Giovanni Giarletta

Lecco, 20 febbraio 2018 - «L’amore per il prossimo è la consegna che riceviamo in questo momento doloroso perchè Lecco e il mondo hanno bisogno di gente come te». Lo dice monsignor Franco Cecchin in un basilica di Lecco punteggiata di tanti uomini in rosso, il colore della divisa del Soccorso alpino. Sono in tanti, tantissimi gli amici e colleghi presenti per dare l’ultimo saluto a Giovanni Giarletta, 37 anni, travolto venerdì da una slavina, sulla Grignetta, insieme all’amico Ezio Artusi. «L’amore per il prossimo è la chiave del paradiso», ricorda ancora il prevosto e il suo paradiso in terra, Giovanni, l’aveva trovato proprio in montagna intesa non solo come appagamento personale, come esaltazione del proprio “io”. Certo, la recente impresa firmata sulla via dei Ragni al Cerro Torre lo riempiva d’orgoglio ma c’era dell’altro, soprattutto dell’altro.

«Una persona solare, c’era sempre quando si trattava di dare agli altri». Lo ha ricordato così Giuseppe Orlandi , il “Calumer” storico membro del soccorso alpino e considerato un po’ da tutti il custode della Grignetta. In Giovanni la montagna non era solo imprese e pareti violate, anzi era prima di tutto spirito di servizio e disponibilità, a qualunque ora e con qualunque tempo. «L’ho visto entrare giovanissimo nel soccorso - ricorda il presidente Giuseppe Rocchi -. La sua forza è sempre stata l’umiltà: parlava poco ma non ha mai rifiutato una chiamata, tant’è che a dicembre era stato votato come vice-capo stazione». Un uomo di fatti e di poche parole, “Charlie”, che amava agire più che apparire. Lo aveva confidato anche agli amici più stretti alla vigilia dei festeggiamenti per l’impresa in Patagonia, firmata insieme a Manuele Panzeri e Tommaso Lamantia. Ai riflettori preferiva le scalate e le uscite con i colleghi del soccorso che oggi si sentono un po’ più soli.

«Si era affezionato a me e io a lui e ora non ho più voglia di fare niente», ha confessato Rocchi che come i colleghi e gli amici sono rimasti orfani di un pezzo della loro vita. Un vuoto difficile da colmare anche se come ha ricordato un amico di Giovanni in questi giorni sul proprio profilo facebook «sarai sempre parte di me fino alla fine dei miei giorni perchè la corda che ci unisce ha la lunghezza dell’eternità».