Droga a studenti: chiesti oltre 12 anni per due del clan

L’operazione «El Diablo» della Mobile contro il clan di spacciatori marocchini scattò a fine ottobre 2015 nei boschi dietro la stazione di Civate

INDAGINI Un fotogramma degli inquirenti e nel riquadro gli imputati Williams Barone e Francesck Mecaj

INDAGINI Un fotogramma degli inquirenti e nel riquadro gli imputati Williams Barone e Francesck Mecaj

Lecco, 14 ottobre 2016 - SPACCIATORI senza scrupoli sui quali «è stato raccolto un numero tale di prove sufficienti a condannare i due imputati presenti», come ha spiegato il sostituto procuratore Nicola Preteroti al termine della propria requisitoria nel procedimento a carico dell’albanese Francesck Mecaj, 31 e del coetaneo Williams Barone, di Cassago Brianza. Per il primo il pm ha chiesto sette anni e 30mila euro di multa mentre per l’italiano 5 anni, 7 mesi e 22mila euro. I due erano finiti in cella un anno fa al termine dell’operazione «El Diablo» nella quale la Mobile di Lecco mise le mani su tre distinti gruppi di giovani pusher (dodici in tutto, 8 arrestati, gli altri hanno già patteggiato) che non si facevano scrupoli nel far fumare l’eroina ai giovani studenti sulla «Besanina», la linea ferroviaria che collega Lecco a Monza.

Una Trainspotting in salsa lecchese, un mix di droga e degrado nel quale accadeva che giovani consumatrici offrissero sesso ai pusher in cambio della dose, circostnaza che aveva indotto il capo della Mobile di Lecco, Marco Cadeddu, a lanciare l’allarme per il ritorno nel Lecchese dell’eroina con tutto il suo carico di morte che anche a queste latitudini, negli anni Settanta e Ottanta, ha lasciato dietro di sé una lunga striscia di vittime. L’operazione venne così battezzata dal soprannome di Khalid Kabal, il marocchino che insieme al fratello Rachid aveva messo in piedi un’organizzazione che aveva come come quartier generale la zona a ridosso della stazione ferroviaria di Civate.

Una zona boschiva ideale per spacciare lontano da occhi indiscreti, come hanno dimostrato i video girati dagli uomini della Squadra Mobile di Lecco nei quali si vedono clienti inerpicarsi su un sentiero tra la fitta vegetazione per raggiungere «El Diablo», che li accoglieva nel suo nascondiglio armato di una lunga spranga. Il segno del comando per evitare brutte sorprese e chiarire subito che il capo della cricca era lui con la spregiudicatezza dei suoi vent’anni.

Nella boscaglia il novello narcos e i suoi luogotenenti e corrieri, tra cui lo stesso Barone identificato ieri da alcuni consumatori chiamati a testimoniare in aula. «Non stiamo dicendo che Barone fosse il proprietario delle sostanze - ha spiegato l’accusa - ma gli stiamo contestando che con la sua disponibilità a fare da palo, a trasportare la droga abbia agevolato l’attività di Kabal». Di tutt’altro avviso il difensore, l’avvocato Nicoletta Austoni, la quale ha ricordato come in quasi un anno di indagini «non ce n’è nemmeno una foto in cui si vede Barone nell’atto di vendere droga e a casa sua non è stata trovata traccia di sostanze stupefacenti». Decisamente più compromessa la posizione dell’albanese Mecaj, a capo dell’organizzazione che invece aveva scelto come mercato dello spaccio il «Besanino». Processo aggiornato a novembre.