Venduta la casa di Gianni Brera: lì scrisse i suoi romanzi più belli

La «dimora a lago» tanto amata dal «Giuan» non è più della famiglia Brera. La casa della frazione Garbagnate Rota che si affaccia sul lago di Pusiano nella quale il maestro del giornalismo sportivo e scrittore Gianni Brera aveva posato il cuore negli anni Sessanta, è stata venduta nei giorni scorsi dal figlio Franco a un industriale della zona di Federico Magni

L’abitazione dopo il rogo  del novembre 2012

L’abitazione dopo il rogo del novembre 2012

Bosisio Parini (Lecco), 3 settembre 2014 - La «dimora a lago» tanto amata dal «Giuan» non è più della famiglia Brera. La casa della frazione Garbagnate Rota che si affaccia sul lago di Pusiano nella quale il maestro del giornalismo sportivo e scrittore Gianni Brera aveva posato il cuore negli anni Sessanta, è stata venduta nei giorni scorsi dal figlio Franco a un industriale della zona. Quelle mura custodivano un bel pezzo di storia: il periodo durante il quale Brera visse gran parte della sua vita nella casa di Bosisio, sulla sponda orientale del lago. Il brutto colpo per la famiglia Brera arrivò qualche anno fa, quando, durante una notte di forte vento nel novembre del 2012, si scatenò un incendio. Quando i vigili del fuoco riuscirono a domare le fiamme della casa rimanevano solo macerie fumanti. Il rogo si era divorato anche alcuni documenti e ricordi appartenuti al giornalista. 

Gianni Brera costruì questa villetta, che chiamava «la casa a lago», perché lui era «ecquoreo» in quanto nata a Zan Zeno dove l’Olona incontra il Po, quindi lui amava anche il lago, in particolare il «Pusiano». Vi passava saltuariamente anche periodi abbastanza lunghi. Aveva pure un paio di barche con le quali andava a pesca. Assieme ad amici, tra questi il fratello Franco che su «Il Giorno» teneva la rubrica «Caccia e Pesca», con Mario Albertarelli, un grande esperto di pesca che scrisse anche una enciclopedia sullo sport ittico. Pescavano soprattutto persici e lucci. Brera remava «alla veneta», con un solo remo. Concludevano la battuta con cene in casa, dove «el Giuan» cucinava, oppure andavano «da Ildo» che teneva trattoria a Mojana sulla riva meridionale del «Pusiano», oppure da Arnaldo del «Corazziere» a Baggero di Merone, ristorante di cui Brera scrisse ed elogiò molto soprattutto per la sua eccelsa e preziosa cantina.

La casa del «Giuan», a parte la biblioteca, era modellata come fosse un ristorante: grande e ben attrezzata era la cucina. Da questa le pietanze arrivavano veloci alla tavolata grazie a una ruota come quella dei conventi. Il locale in cui il giornalista scrittore si ritirava e dove ha scritto quasi tutti i suoi libri, compreso «Il corpo della ragassa» e «Naso bugiardo», guardava sul lago. Vi si raccoglieva per ore battendo instancabilmente sui tasti, con il bicchiere accanto. Amava anche coltivare il giardino, assieme al Giovanni, un «famiglio», alto, magro, allampanato dallo sguardo fiero, che Brera definiva una «sopravvivenza lanzichenecca». Nel giardino teneva anche polli, galline e un’oca enorme che chiamava Charles De Gaulle.