Nibionno (Lecco), 30 giugno 2014 - Oggi o al più tardi in settimana, si saprà se sono stati proprio i quattro lituani alla sbarra ad uccidere Joele Leotta, il 20enne di Nibionno che la sera di domenica 20 ottobre scorso è stato massacrato di botte a Maidstone, nel Kent, dove si era trasferito da pochi giorni per lavorare come lavapiatti in un ristorante. La sentenza è infatti attesa ad ore, da venerdì i tredici componenti della giuria del tribunale della Corte della corona sono riuniti a oltranza per formulare il verdetto. Mamma Patrizia e papà Ivan, i genitori del ragazzo ammazzato, si trovano già in Inghilterra. "Giustizia, non vendetta", hanno ribadito alla vigilia del pronunciamento dei giudici.

In giornata saranno raggiunti anche da Alex Galbiati di Rogeno, il coetaneo e amico di sempre del figlio, almeno lui scampato alla mattanza. Ci sono volute una dozzina di settimane e una trentina di udienze per giungere al termine del processo cominciato ad aprile e proseguito senza sosta con cadenza quasi quotidiana, un poco più del previsto rispetto ai tempi della giustizia anglosassone. "È stato necessario rispettare alcuni passaggi tecnici, inoltre, data la delicatezza del caso, si è preferito procedere con cautela", ha spiegato il console generale italiano a Londra Massimo Mazzanti, che inizialmente aveva previsto che il procedimento sarebbe stato chiuso entro la fine di maggio o gli inizi di giugno. Il procuratore Philippa McAtasney, che regge l’accusa, in aula, durante l’arringa finale, ha sostenuto che gli imputati "hanno agito come un branco di animali" e che durante tutto il dibattimento "hanno spudoratamente mentito per salvarsi la pelle". Loro però negano, continuano a professarsi innocenti, hanno sempre sostenuto di non aver aggredito nessuno, di essersi solo difesi dai due giovani italiani, si sono incolpati a vicenda, probabilmente "per confondere le acque, per gettare fumo negli occhi dei giurati", come ha commentato il magistrato. Si tratta di Aleksandras Zuravliovas di 26 anni, Tomas Geležinis di 31, Saulius Tamoliunas di 24 e Linas Zidonis di 21.

Rischiano tutti l’ergastolo. Ciò che non è ancora emerso è il perché, il movente dell’assalto. Forse non lo si scoprirà mai. Il pubblico ministero è convinto che si sia trattato di un tragico scambio di persona: i quattro si sarebbero voluti vendicare di una denuncia per schiamazzi che sarebbe costata loro lo sfratto, pensavano che a segnalarli ai poliziotti fossero stati i due italiani, gli ultimi arrivati in quell’affittacamere di Lower Stone Street, sopra il Vesuvius restaurant dove avevano preso servizio da poco. Ma alcuni testimoni inizialmente hanno anche riferito di averli sentiti urlare insulti razzisti e sostenere che i due brianzoli avevano loro rubato il posto. I due ragazzi, amici di infanzia, erano giunti da poco nel Kent e avevano trovato lavoro presso un ristorante italiano vicino alla stanza dove alloggiavano. Purtroppo era nello stesso edificio dei violenti lituani.

Il padre di Joele non si è risparmiato la fatica e il dolore di seguire tutta la vicenda, accorso in Inghilterra subito dopo la morte del figlio. Altrettanto ha fatto l’amico che è spravvissuto per caso alla furia degli stranieri ubriachi e ha perso il suo più caro amico con il quale invece voleva iniziare a vivere la bella avventura del primo lavoro all’estero, per diventare grandi entrambi. Non è andata come avevano immaginato.