Valmadrera, 2 giugno 2014 - E' da due mesi esatti che si trova in carcere. Da quando nel cuore della notte di mercoledì 2 aprile gli uomini delle Fiamme gialle del Gico, coordinati dai procuratori della Dda di Milano, hanno suonato al campanello di casa sua di via Buon Consiglio con in mano un ordine di arresto. Una veloce perquisizione, la preparazione dei bagagli in fretta e furia, un rapido saluto alla moglie e poi il trasferimento in cella a Opera, senza nemmeno riuscire a salutare le figlie piccole che dormivano. Ha preferito non svegliarle per evitare che assistessero alla sua cattura e lasciare alla mamma il difficile compito di spiegare alle bimbe la mattina seguente perché il papà non c’era più.

Marco Rusconi, 36 anni, ex sindaco di Valmadrera, indagato per corruzione nell’ambito della maxi inchiesta «Metastasi» su presunti rapporti tra politici e affiliati alla ‘ndrangheta, adesso però spera di poter riabbracciare anche loro. In settimana il giudice del Tribunale di sorveglianza dovrà decidere sull’istanza di scarcerazione e la richiesta di domiciliari formulata dai suoi avvocati di fiducia Enrico Giarda e Sergio Colombo.

Se la domanda verrà accolta potrà subito lasciare la prigione. «Non sussistono più i motivi della misura di custodia cautelare in carcere - spiegato i legali -. Ha risposto a tutte le domande formulate durante l’interrogatorio e fornito ampie spiegazioni circa la vicenda che lo coinvolge». Secondo i magistrati avrebbe intascato una mazzetta di 5mila euro per favorire i prestanome del boss Mario Trovato, il reggente 65enne della locale di Lecco, e dell’ex consigliere comunale 46enne di maggioranza del Pd a Palazzo Bovara Ernesto Palermo, considerato il referente istituzionale degli affiliati alla potente organizzazione criminale.

In cambio li avrebbe agevolati nell’appalto per la gestione del Lido di Parè. L’ex primo cittadino, dimessosi subito dopo l’arresto, ha sempre negato tutto e continua a sostenere di non aver mai intascato un centesimo. Nelle quasi seicento pagine dell’ordinanza e nelle oltre 1.200 delle informative riservate stilate dagli investigatori effettivamente sono gli altri a rivelare di averlo «unto» ma nemmeno in maniera molto chiara.

I difensori sottolineano anzi che alla fine il presunto affare non si è nemmeno mai concretizzato, perché l’ex amministratore pubblico che assistono ha deciso di revocare l’assegnazione della gara, nonostante il rischio di un contenzioso al Tar, come di fatto avvenuto e di pagare personalmente eventuali penali o indennizzi. Gli aspetti da chiarire e verificare, nonostante le prime spiegazioni, restano tuttavia ancora molti, a partire dai rapporti con persone notoriamente legale al capobastone della picciotteria.