Lecco, 18 maggio 2014 - Quello che vuole Mario Trovato se lo prende. E ciò che vuole sono soprattutto i soldi. Il «reggente» 66enne della locale della ‘ndrangheta di Lecco non ha quasi nemmeno bisogno di ricorrere alla violenza, basta il nome per convincere tutti ad obbedire. Lo può testimoniare un imprenditore brianzolo di 44 anni, costretto a consegnare al boss e ai picciotti 200mila euro. E poco importa se convive con una 49enne il cui padre in qualche modo appartiene sempre al giro della malavita. Anzi è lo stesso suocero a fornire informazioni agli affiliati e indicarlo come un «infame».

L’estorsione viene pianificata il 14 dicembre 2011, la mattina di un mercoledì qualunque. La vittima è un «rottamaio» di Barzanò. Qualcuno obbietta che conoscono la moglie, ma al capobastone non interessa nulla: «Duecentocinquanta... pure duecentomila euro, non me ne frega niente a me». Il denaro dovrebbe essere consegnato a un commercialista, la verità è che intendono spartirselo tra loro. Sono disposti ad accontentarsi anche di una cifra inferiore: «Prendiamo quello che possiamo prendere, una volta che prendi i soldi tanto a lui non gliene dai, quello che prendiamo lo prendiamo noi». L’importante è che i soldi siano versati cash, in contanti: «Né cambiali né assegni! Ti resta la traccia». Nell’affare ci sono anche Romeo Antonino di 54 anni, Massimo Nasatti di 39, Marchio Massimiliano di 37 e Alessandro Nania di 55.

Sono loro ad occuparsi del lavoro sporco e a contattare una decina di giorno dopo, proprio prima di Natale, la moglie dell’imprenditore. Lei piange, cerca di intercedere per il marito, di difenderlo, giura che i soldi non li ha proprio: «No, no, no, no, lui no. Questi soldi qua non ce li ha. Non sa dove andarli a prendere hai capito». Ma non serve a nulla, la decisione è presa, lo sa anche il rottamaio, che vuole solo chiudere la partita «pagare il debito a quei mafiosi di merda».

Il problema è dove recuperare i soldi, perché davvero non li ha. La scadenza fissata inizialmente è il 5 gennaio 2012, riesce a guadagnare solo qualche giorno e posticipare l’appuntamento a venerdì 13 gennaio in modo da recuperare parte della somma, 8mila euro. Il luogo di ritrovo è via Leonardo da Vinci a Barzanò. In due controllano la zona, un altro incassa. A consegnare la busta con il denaro è la moglie dell’imprenditore, la infila direttamente nella tasca interna della giacca di chi è incaricato di riscuotere che cerca persino di abbracciarla per consolarla, ma lei si ritrae.

Gli agenti delle Fiamme gialle del Gico di Milano osservano e fotografano tutto. L’incubo tuttavia non è finito, ci sono altri soldi da dare. La scena si ripete, a Dolzago, vicino a una stazione di rifornimento, poi in un bar di Lecco, e ancora direttamente a casa, in una pizzeria a Monticello. Le richieste aumentano, proseguono per mesi, specie quando la vittima riesce a ottenere una nuova commessa di lavoro. Adesso vanno bene anche gli assegni perché è coperto: «Senza intestazione - si raccomanda però il boss -. Li copi con la cifra e tutto, firma sua e basta, cifra, firma e data di scadenza, poi il resto a chi lo dobbiamo mettere ce lo mettiamo noi».