Nibionno, 18 maggio 2014 - Dice di non saperne nulla di quanto è accaduto quella maledetta domenica sera del 20 ottobre in quell’albergo di Lower Stone Street a Maidstone, dove il 20enne di Nibionno è stato massacrato di botte insieme all’amico e coetaneo di Rogeno Alex Galbiati. Dice di essere passato di lì per caso, per andare a trovare un conoscente. Dice anche di non aver picchiato nessuno, anzi di essere stato aggredito.

Per questo Alejsandras Zuravliovas, 27 anni, uno dei quattro lituani alla sbarra per la mattanza costata la vita a uno dei due giovani brianzoli, continua a professarsi completamente innocente. Lo ha ribadito anche nei giorni scorsi al giudice e ai componenti della giuria popolare del tribunale della Corte della corona dove è in corso il processo che lo vede tra gli imputati.

«Ero ubriaco, non mi ricordo molto - ha spiegato in aula, riproponendo la stessa versione resa subito dopo l’arresto durante l’interrogatorio nonostante il suo avvocato difensore gli avesse consigliato di non rispondere a nessuna domanda -. So solo che qualcuno stava litigando, ho sentito delle urla, “Italia, Italia”». Poi forse gli insulti contro quei ragazzi arrivati lì da poco, visti come gente che rubava il lavoro. «Io me ne stavo già andando, le grida provenivano dal secondo piano. Ho chiesto cosa significasse “Italia”, da una porta qualcuno mi ha colpito con una bastonata in testa».

Altri dettagli gli sfuggirebbero, non si rammenterebbe bene l’esatta dinamica, a causa dell’alcol e per colpo al capo per il quale poi anche lui è stato soccorso e accompagnato in ospedale. I poliziotti e i paramedici lo hanno trovato seduto sul marciapiedi fuori dal «Vestuvius restaurant» dove gli italiani avevano cominciato a pestare servizio in prova per un periodo di 13 settimane Joele come lavapiatti e Alex come cameriere, vicino all’ingresso dell’affittacamere dove alloggiavano da pochi giorni.

Il 27enne è stato arrestato proprio durante il ricovero al Tunbridge Wells Hospital. Lui abitava in Beaumont Road, quasi dall’altra parte della città, a poco meno di 2 miglia di distanza in linea d’area, 4 chilometri, una mezz’oretta di camminata a piedi. «Dopo essere stato lì da un mio amico me ne stavo per tornare a casa, dalla mia fidanzata», ha proseguito il racconto il baltico. Ma il procuratore che regge l’accusa non gli crede. Presentava un profondo taglio in fronte, è vero, ma i suoi vestiti erano imbrattati di sangue, non il suo, il sangue di Joele e Alex.