Nibionno, 13 maggio 2014 - Il commissariato si trova lì a due passi, appena a qualche centinaio di metri di distanza, proprio svoltato l’angolo di Lower Stone Street, in Palace Avenue, ma i soccorritori hanno impiegato oltre un quarto d’ora per intervenire. Appena qualche minuto prima e probabilmente Joele Leotta, il 20enne di Nibionno che la sera di domenica 20 ottobre scorso è stato ammazzato di botte a Maidstone, si sarebbe salvato. Il coetaneo e amico di sempre Alex Galbiati di Rogeno ha chiamato tre volte il 999, il numero d’emergenza, per chiedere aiuto, alle 23.13, alle 23.14 e alle 23.19, ma gli agenti e i paramedici non sono sopraggiunti sul posto prima delle 23.30.

Alex era agitato, non parlava bene l’inglese, «Help, help, please», «Aiuto, aiuto, per favore» riusciva solo a gridare, in sottofondo strani rumori e tonfi e confusione, faticavano a comprendere cosa dicesse per telefono, non capivano cosa stesse succedendo, soprattutto dove stesse succedendo. Gli operatori della centrale di polizia per questo hanno immediatamente allertato un interprete e cercato di localizzare il luogo da dove arrivava la disperata chiamata attraverso un sistema Gps. Quando ci sono riusciti ormai era tardi, troppo tardi.

«Il signor Galbiati era seduto sul marciapiede, fuori dal “Vesuvius restaurant”», ha raccontato uno dei due «bobby» accorsi per primi sulla scena del crimine ai giudici e ai dodici componenti della giuria popolare del tribunale della Corte della corona, dove è in corso il processo per omicidio che vede alla sbarra quattro lituani -. Accanto a lui c’era anche uno degli aggressori. «Abbiamo prestato loro le prime cure». Poi sono entrati nell’albergo dove i due giovani italiani alloggiavano solo da pochi giorni. I mobili dei locali erano rovesciati, c’era disordine ovunque , le pareti erano costellate da crateri, segno della lotta appena conclusa.

«Siamo saliti al piano superiore, c’era sangue ovunque, mister Leotta era riverso sul pavimento, incosciente, quello che mi ricordo è una pozza rossa sotto il suo capo». Hanno provato a risvegliarlo, si sono subito accorti che era grave, perché dal polso non risultava alcun battito cardiaco. «Abbiamo continuato a praticare le manovre rianimatorie sino a quando non è arrivato un ufficiale medico». Il nibionnesse è stato trasferito il più in fretta possibile al King’s College hospital di Londra, dove però è morto poche ore dopo il ricovero, stroncato dalle centinaia di colpi, dai calci, dai pugni, dalle sprangate, dalle pedate, molte delle quali alla testa, risultate fatali. Il massacro si era consumato.