Nibionno, 5 maggio 2014 - Continuano a dichiararsi innocenti, a sostenere che con la morte dei due italiani non hanno nulla a che fare. I quattro lituani alla sbarra per il massacro di Joele Leotta, il 20enne di Nibionno ucciso il 20 ottobre scorso a Maidstone nel Kent in Inghilterra, sostengono semmai che hanno litigato tra di loro. La versione tuttavia non sembra tenere affatto. Secondo il procuratore Philippa McAtasney, che regge l’accusa, Tomas Gelezinis, 31 anni, che alloggiava al piano superiore dello stesso albergo di Lower Stone Street dove soggiornavano i due giovani brianzoli, avrebbe ospitato in camera proprio i tre connazionali Aleksandras Zuravliovas di 26 anni, Saulius Tamoliunas di 24 e Linas Zidoni, di 21.

Avevano bevuto parecchio nelle ore precedenti. Poi è iniziata una discussione e avrebbero cominciato a picchiarsi. Alex Galbiati, il 20enne di Rogeno scampato alla mattanza, ha riferito in aula al giudice e ai componenti della giuria popolare del tribunale della Corte della corona della capitale del Kent, di aver udito dei colpi provenire dal livello superiore verso le 23 di quella domenica sera. Rumori che potevano presumibilmente essere quelli provocati dalla zuffa che proveniva dal piano di sopra. Nella lite sarebbe stato coinvolto pure Romens Klovas, un quinto straniero coinquilino dell’affittuario della camera.

Nè Alex nè Joele Leotta ci hanno tuttavia prestato attenzione anche perchè in precedenza avevano già dovuto fare i conti con musica ad alto volume e schiamazzi simili. Un quarto d’ora più tardi qualcuno ha però fatto irruzione nella loro stanza. Si sono difesi come hanno potuto.

Gli intrusi, dopo un primo raid, se ne sarebbero andati, salvo poi tornare alla carica ancora una volta. Due dei presunti aggressori, Linas Zidoni e Saulius Tamoliunas sono stati arrestati alle 23.30, in Gabriels Hill alle 23.30, a mezzo chilometro di distanza, Aleksandras Zuravliovas alle 00.45 al Tunbridge Wells Hospital dove era stato ricoverato per alcune ferite alla testa, mentre Tomas Gelezinis il giorno seguente, perché inizialmente si è pensato si trattasse di un semplice testimone. «Ho sentito che gli altri volevano uccidere qualcuno», ha raccontato ai poliziotti. Ma è stato tradito da un morso al braccio inferto da uno dei due ragazzi. Secondo gli investigatori sarebbe anzi stato proprio lui a ordinare il «folle attacco di violenza insensata», come hanno riferito i magistrati.

di Daniele De Salvo