Lecco, 23 aprile 2014 - «Io ho sbagliato e ho già pagato il mio conto con la giustizia, per giunta proprio salato. Ma perché coinvolgere il locale, che non è nemmeno intestato a me?». Inizia così l’intervista a Bruno De Luca nello studio dell’avvocato Marco Rigamonti sul viale Turati, una chiacchierata a tutto campo con il cognato del super boss Franco Coco Trovato, del quale una quarantina di anni fa sposò la sorella.

A questo punto però urge fare un passo indietro per capire chi è Bruno De Luca, che nel 2001 vene arrestato per droga e mentre era in carcere a scontare la condanna, venne raggiunto da una nuova ordinanza perché coinvolto nell’operazione Oversize (dicembre 2006) con l’accusa di associazione mafiosa, non uno scherzo insomma. «Così mi sono fatto nove anni di carcere, che dovevano essere quattordici in realtà ma sono uscito per buona condotta».

Nel 2010 De Luca esce dalla galera e decide di aprire «The Village», un ristorante-pizzeria nel rione Germanedo «dove lavoravamo tutti e cinque, io mi moglie e i miei tre figli e che poi intesto a mio genero (la società Deluxsrl, ndr), su consiglio del mio commercialista visti i miei precedenti». Eppure De Luca ci ricasca e nel febbraio 2012 è di nuovo arrestato per possesso di stupefacenti. «É vero, la finanza mi ha trovato dieci grammi di cocaina nel borsello all’interno del locale e non nel forno come si è detto. Per questo sono stato arrestato e anche in questo caso ho pagato il mio debito con la giustizia».

Poco dopo arriva anche la prima sospensione della licenza da parte del Comune su segnalazione «atipica» della prefettura, scadono i trenta giorni e la sospensione diventa revoca definitiva. «Io ero ancora in carcere e non riuscivo a capire il perché, così dissi a mia moglie di andare a parlare con il sindaco di Lecco, che in realtà non l’ha mai voluta ricevere. Invece allora si parlò di tentativi di minacce nei confronti del sindaco». Pressioni malavitose, si disse allora tant’è che da quel momento Virginio Brivio finisce addirittura sotto scorta.

«Mia moglie era disperata perché ero in cella e con il locale chiuso nessuno in famiglia guadagnava e forse avrà alzato un po’ la voce». O forse anche perché tra i frequentatori del locale ci sono anche, tra gli altri, proprio Ernesto Palermo, Antonello Redaelli, forse anche lo stesso cognato Mario Trovato, tra i dieci che poi finiranno arrestati nell’operazione «Metastasi» e che già allora erano intercettati? «Innanzitutto bisognerebbe cominciare a dare il nome alle cose - spiega De Luca - perché io non sono il clan Coco Trovato e se fossi stato coinvolto nell’operazione “Metastasi“, forse sarei stato arrestato anch’io, non trova?». In effetti il nome di De Luca figura tra le intercettazioni: è Palermo che parla di lui alla figlia «ma questo non significa proprio nulla», aggiunge De Luca.

«Sono uscito dal carcere il 3 aprile scorso e ora voglio sapere i motivi della chiusura del locale, forse dava fastidio a qualcuno? Sono anche disposto ad andare a parlare con il sindaco ma così non possiamo andare avanti». 

andrea.morleo@ilgiorno.net