Nibionno (Lecco), 17 aprile 2014 - «Giustizia, vogliamo giustizia». Papà Ivan mentre varca la porta del tribunale e dell’aula della corte della corona stringe il portafogli in cui custodisce la foto di Joele, quel figlio sorridente partito per il Kent da Nibionno in cerca di futuro e mai più tornato a casa. La sera di domenica 20 ottobre scorso quattro balordi gliel’hanno ucciso. Senza un perché. Forse una scambio di persona, oppure una vendetta, magari perché erano semplicemente ubriachi e strafatti di droga. Joele Leotta aveva appena vent’anni ed era approdato a Maidstone, la capitale della contea, da pochi giorni per lavorare come lavapiatti al “Vesuvius restaurant”. Accanto al papaà c’è la moglie Patrizia. E il momento della giustizia è finalmente arrivato. I due genitori sono volati apposta in quello che era considerato il “giardino di Londra” per assistere a tutto il processo e guardare in faccia chi è accusato di aver ammazzato il loro ragazzo.

Hanno quasi la stessa età del loro Joele. Sono Linas Zidonis di 21 anni, Saulius Tamoliunas di 24, Aleksandras Zuravliovas di 26 e Tomas Gelezinis, tutti lituani. Uno alloggiava nello stesso albergo di Joele, in Lower Stone street, sopra la sua stanza, dove hanno fatto irruzione dopo aver sfondato la porta a calci e pugni per massacrarlo di botte e terminarlo mentre cercava di scappare giù per le scale. Quando in aula entra il giudice imparruccato tutti si alzano in piedi. In prima fila ci sono gli avvocati degli imputati, poco distante il procuratore, anche loro con indosso la parrucca tradizionale. Su un altro banco siedono i giurati, da loro dipende il verdetto. I genitori sono affiancati da un assistente sociale, messo a disposizione dal console generale italiano in Inghilterra Massimiliano Mazzanti.

Funge da interprete e insieme da accompagnatore. «Non li lasceremo mai soli, tutti noi siamo a loro completa disposizione», aveva assicurato il diplomatico e adesso sta mantenendo la promessa. Non è la prima udienza, se ne sono svolte altre, per formulare i capi di imputazione, identificare i presunti assassini e chiedere come si dichiarino. «Non colpevoli», hanno sempre risposto i quattro. Lo ribadiscono ancora, durante l’ennesima fase preliminare del procedimento. Il dibattimento vero e proprio comincerà dopo Pasqua. Domani li raggiungerà anche Alex Galbiati, l’amico del cuore del loro Joele, il coetaneo scampato miracolosamente alla mattanza. In quella stanza c’era pure lui, stavano guardando insieme la tv. Dovrà comparire davanti ai magistrati per ripercorrere quei drammatici momenti, soprattutto riconoscere gli assassini, è lui il testimone chiave. La sentenza verrà emessa nel giro di un paio di mesi. I quattro alla sbarra rischiano l’ergastolo, senza possibilità di appello. In Gran Bretagna la giustizia corre veloce. «Joele è morto, nessuno ce lo restituirà, ma vogliamo almeno giustizia».