Lecco, 11 marzo 2014 - Una donna che aveva il culto della maternità al punto da riservare ogni tenerezza anche ai figli delle altre. Una vita all’apparenza serena, una separazione vissuta senza scossoni, la tranquilla consapevolezza che nella vita del suo compagno era entrata una donna più giovane. Per le amiche, Edlira Copa era Eda. Tutto, nel ritratto che ne tracciano, stride, collide, cozza con l’efferatezza di una strage familiare senza ragione.

Volti tristi alla riunione delle mamme alla scuola materna «Locatelli» al rione Maggianico. Una porta la sua bambina di 3 anni, la stessa età della piccola Sidny. «Eda era attaccatissima alle figlie, soprattutto alla piccola, l’adorava. Viveva per loro. Voleva bene a mia figlia. Ogni mattina si truccava perché sapeva che la mia bambina adorava il suo trucco e le piaceva toglierlo un po’ alla volta».

«Parlava serenamente della fine del suo matrimonio. Era stata lei a voler interrompere. “Succede in tante coppie. Lui va e viene, il legame non esiste più”, spiegava. Sapeva della nuova donna dell’ex marito, ne parlava tranquillamente. Ci siamo viste sabato e ci siamo date appuntamento per oggi, qui a scuola».
A settembre le strade dei coniugi si dividono. Il 12 febbraio la separazione firmata in tribunale. Bashkim va a vivere in casa del fratello, così risparmia a sull’affitto e con metà del suo stipendio di 2mila euro di operaio in una ditta metalmeccanica di Olginate provvedere all’affitto della moglie e agli alimenti. Edlira arrotonda lavorando in nero come donna delle pulizie e badante di anziani e viene assistita dalla Caritas.

Il medico di famiglia ha smentito una delle tanti voci che erano corse subito dopo il massacro. Eda non aveva perduto un bambino pochi mesi fa. Nella sua storia c’era un aborto, ma risaliva all’inizio del matrimonio, una quindicina di anni fa, prima della nascita di Simona, la primogenita. Eppure qualcosa si era rotto, una luce si era spenta nella mente di Edlira Copa. Forse l’ultimo colloquio venerdì con il marito, forse la notizia che Bashkim sarebbe partito il giorno dopo per l’Albania, che avrebbe raggiunto la famiglia d’orgine a Kukes portando con sé la nuova compagna. La fine. La fine di tutto.

Eppure dal piccolo mondo di Eda erano giunti segnali che letti oggi appaiono strani, inquietanti. «Ricordati che non è il coltello in sé che ferisce, ma la mano di chi lo impugna». È il messaggio postato il 25 febbraio su Facebook. Il 7 marzo l’ultimo post, con il titolo Follia: «Chi non vuol esserci non c’è nemmeno se ti ci siedi accanto. Chi c’è, c’è anche quando credi che non ci sia». Come la confessione di uno stato di solitudine. Le foto dei suo lavoretti fatti a mano e quelle delle bambine continuamente, quasi ossessivamente condivise in rete. La dichiarazione del suo trasporto per loro: «Le mie figlie sono tutta la mia forza».

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