di Andrea Morleo

Lecco, 19 febbraio 2014 - Non è una parte della degradata periferia industriale di Milano e nemmeno uno scorcio di un quartiere malfamato di Napoli. É al contrario un’area centralissima della borghese e opulenta Lecco, che nei tempi d’oro non conosceva la parola disoccupazione. A due passi da lì c’è la stupenda sede della Canottieri Lecco — la più vecchia società sportiva della città, fondata a fine Ottocento dalle maggiori famiglie di industriali della città — e il lungolago, che nei progetti di tutti dovrebbe essere il miglior biglietto da visita di una città che vuole affiancare la risorsa turismo al tradizionale settore metalmeccanico oggi rallentato dalla crisi. Invece a spiccare è la torre eretta come ampliamento a fianco del vecchio palazzo di Giustizia e lasciata lì «al rustico» in attesa di essere terminata, uno scheletro di rara bruttezza che fa il pari con l’adiacente piazza Affari, da tempo un cratere transennato e attorniato da impalcature.

Sono le due facce di una stessa medaglia, il cantiere per l’ampliamento del vecchio palazzo di Giustizia, l’opera più tormentata e criticata della città. Un’opera che venne avviata già nel settembre 2003 quando l’architetto Antonello Longoni del Comune di Lecco consegnò al ministero di Giustizia il progetto definitivo (poco più di 13 milioni di euro) per l’ampliamento e la ristrutturazione del vecchio tribunale di via Cornelio: creazione di una struttura (la «torre) a sette piani di fianco all’esistente e tre piani di parcheggi interrati nella adiacente piazza Affari. Da contratto i dirigenti dell’azienda che si aggiudicò l’appalto, la Carena spa di Genova, si impegnarono a consegnare i lavori entro e non oltre i 1.089 giorni che sono poco meno di tre anni a partire dal 31 marzo 2005, giorno in cui venne posata la prima pietra del cantiere con una cerimonia in pompa magna alla presenza dei maggiori vertici istituzionali dell’epoca: il Guardasigilli, l’onorevole Roberto Castelli, il sindaco Lorenzo Bodega, il presidente della provincia Virginio Brivio e quello del tribunale, Giampiero Serangeli.

Quel giorno c’era anche Francesca Rota, allora presidente degli avvocati di Lecco (ora assessore in Comune) che oggi si trovano traslocati in una nuova struttura per cui la collettività paga quasi un milione di euro all’anno (630mila solo d’affitto), soldi che il Comune ha anticipato sperando nei rimborsi promessi dal Ministero. Intanto i lavori in piazza Affari hanno prodotto due cause, tuttora in piedi, il cantiere è ancora fermo in attesa che si chiudano i collaudi e parta il terzo lotto. Nel frattempo sono passati nove anni, in cui si sono succeduti incredibili errori di progettazione ed esecuzione.

Come quando piazza Affari si allagò causando il primo stop dei lavori a meno di un anno dal via. Non ci vuole un genio per capire che se si scava a una certa profondità a una trentina di metri dal lago, è quantomeno verosimile che l’acqua defluisca all’interno di quel cratere, cosa che prontamente capitò.
Errori umani a cui si sono sommate le miopie di certi amministratori e i barocchismi della burocrazia. Tutto il mondo è paese, in fondo.