Merate, 18 febbraio 2014 - “Non t’azzardare a darmela”. L’ex comandante della Polizia locale di Merate a processo perché avrebbe impedito a un sottoposto di staccargli una multa per divieto di sosta. L’accusa per Donato Alfiniti, 60 anni, consigliere comunale di minoranza di Caprino Bergamasco, ora di stanza presso l’ufficio del Giudice di pace di Lecco, è quella di “induzione indebita a dare o promettere utilità”, articolo 319 quater del codice di procedura penale.

Tutto risale al 5 marzo 2011 quando un agente del corpo di sicurezza urbana ha sanzionato un assessore che aveva lasciato la propria auto dove non poteva, davanti al municipio di Palazzo Tettamanti. L’assessore non avrebbe eccepito nulla se non di non vedere la contravvenzione anche sotto il tergicristalli dell’auto ferma accanto alla sua, cioè la Mazda del capo dei ghisa. Al vigile non sarebbe rimasto altro che estrarre di nuovo il blocchetto e mettersi a scrivere per “punire” anche il diretto superiore.

Il quale tuttavia - ma il condizionale è di rigore -, forte del grado, sarebbe intervenuto per impedire al sottoposto di portare a termine il proprio compito. Di quanto sarebbe accaduto non si è poi saputo più nulla sino al 15 febbraio successivo, quando al numero uno dei ghisa è stato notificato un procedimento disciplinare a firma del segretario generale dell’epoca per il comportamento manifestato. A complicare ulteriormente la faccenda si aggiunge anche il mistero che la ricevuta della multa forse data e fatta sparire oppure mai staccata. Non sussistono tracce.

Ci sono i talloncini degli accertamenti precedenti e di quelli immediatamente successivi, ma di quella “incriminata” nulla, come del resto dello statino di servizio del subalterno relativo a quel giorno di tardo inverno. A fare chiarezza spetterà adesso ai magistrati. Questa mattina infatti il Gup - Giudice per l’udienza preliminare - Salvatore Catalano, su richiesta del Pm incaricato del caso, il sostituto procuratore Paolo Del Grosso ha rinviato a giudizio il neo imputato. La prima udienza è fissata per il 17 aprile.

Il reato ipotizzato è pesante, prevede una pena sino a otto anni di reclusione, salvo ulteriori aggravanti. Tra l’altro contro il dipendente pubblico si sono schierati in blocco anche gli amministratori comunali, che si sono costituiti parte civile chiedendo di rappresentarli all’avvocato Marcello Perillo, 43 anni del foro di Lecco. L’ufficiale invece si è affidato al difensore di fiducia Marina Silvia Mori, anche lei 43enne ma di Milano, presente in aula accanto all‘assistito che a lungo ha cercato di spiegare le proprie ragioni.

“Secondo le accuse avrebbe mantenuto un atteggiamento intimidatorio verso il suo agente, ma lui non ha mai ricevuto nulla, né direttamente né tramite notifica a casa. Non sarebbe stata certo la prima volta che avrebbe chiesto di annullare una contravvenzione perché in quel momento si trovava in servizio per verificare un guasto all’impianto di videosorveglianza. Per questo come per le precedenti occasioni si sarebbe opposto alla sanzione chiedendo un provvedimento di autotutela, senza bisogno di minacciare o esercitare pressioni su alcuno”.