Lecco, 12 febbraio 2014 - Il 9 febbraio 2009, poco più di cinque anni fa, moriva Eluana Englaro dopo diciassette di coma vegetativo. Diciassette anni passati inchiodata a un letto, dopo un tragico incidente stradale. Nove di questi anni il padre di Eluana, Beppino, li ha trascorsi entrando e uscendo dai tribunali, combattendo una battaglia legale e culturale. Una battaglia partita da Lecco ma che ha investito l’Italia intera. Una battaglia per poter staccare la macchina e interrompere idratazione e alimentazione a una figlia ormai incapace di interagire con l’ambiente circostante. L’ultimo viaggio di Eluana era cominciato tra il 2 e il 3 febbraio 2009, nella notte, con il trasferimento da Lecco alla clinica «La Quiete» di Udine, l’unica che aveva accettato di ospitare la ragazza per l’ultima fase della sua vita, per aiutarla a morire staccando alimentazione e idratazione.

A cinque anni di distanza però, signor Englaro, in Italia non c’è ancora una legge sul testamento biologico. É vero che 110 Comuni hanno avviato il registro biologico che comunque non ha alcun valore giuridico. Cosa ne pensa?
«Il Parlamento ha qualche difficoltà a legiferare in questa materia ma c’è la sentenza della Cassazione del 17 ottobre 2007 perfettamente in linea con la convenzione di Oviedo nelle quali si stabilisce chiaramente che l’autodeterminazione delle persone non può avere limiti e che quella non è eutanasia. Si tratta di principi chiarissimi che però nel nostro Paese non hanno avuto ancora una forma di legge».

La ritiene una sconfitta dopo tutti quegli anni passati a combattere contro sentenze di tribunale e parte dell’opinione pubblica?
«No, non direi. Ad essere sconfitto semmai è stato il vecchio disegno di legge che stabiliva come l’idratazione forzata non potesse essere nella disposizione del soggetto trattato. Ebbene quel disegno di legge è stato dichiarato assolutamente incostituzionale. Questa decisione ribadisce ancora una volta il primato della coscienza personale di ogni individuo che può disporre della propria vita».

Penso di intuire la risposta ma se potesse tornare indietro, rifarebbe tutto quello che ha fatto?
«Assolutamente sì anche perché per me si è trattato di tenere fede a quanto lei aveva scritto in quella famosa lettera poco prima dell’incidente. In quella lettera scriveva esattamente qual era il suo pensiero riguardo a situazioni simili a quella nella quale poi si è ritrovata».

Cosa scriveva esattamente Eluana?
«Che qualcuno potesse disporre della sua vita era un’eventualità che non prendeva nemmeno in considerazione. Su questo era stata da sempre chiarissima con noi. E siccome lei diceva sempre che la nostra famiglia era un nucleo basato sull’aiuto e sul rispetto, io mi sono battuto per lei».

La sua dunque è stata una battaglia per tenere fede al volere di Eluana?
«Certamente, l’ho sempre detto. Mi sono semplicemente battuto affinché le sue volontà fossero rispettate sino alla fine».

Le capita spesso di pensare a lei?
«Qui entriamo in una sfera molto privata, che non vorrei affrontare. Le dico solo che lei è sempre con me». Beppino Englaro si congeda così, senza nominare mai il nome di Eluana, perché certe cicatrici non si cancellano mai.

di Andrea Morleo

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