Osnago, 18 gennaio 2014 - E’ una Cecilie Kyenge che pare stanca quella che sabato pomeriggio si presenta a Osnago per consegnare la cittadinanza onoraria a 87 minori considerati stranieri pur essendo nati in Italia, fiaccata forse dalle violente polemiche e dai duri attacchi che accompagnano ogni sua iniziativa. Sorride a stento, il volto tirato, seguita come fossero ombre dagli angeli custodi che sono gli uomini della sua scorta. Ma quando incontra i più piccoli si rilassa. Lo ammette lei stessa. “Guardano le fotografie che mi scattano mi accorgo che sono quasi sempre seria, tranne quando sto con i bambini e i ragazzi. Mi insultano e aggrediscono costantemente, ma quando vedo loro non posso non ridere, perché sono il nostro futuro. Loro ci salveranno. In loro non scorgo la loro origine, da dove provengono, ”.

La ministra dell’Integrazione parla a braccio: “Anche io ho dovuto lasciare il mio Paese, come tanti di loro e come molti nostri giovani che vanno all’estero in cerca di opportunità di formazione e lavoro. E’ giusto, ma non precludiamo il loro avvenire in Italia”. E ancora: “Perdiamo tempo a discutere su chi debba avere diritti e chi no, ma la situazione sta cambiando, è già cambiata, anche la politica deve adeguarsi”. Non lo dice mai apertamente, ma pensa allo ius soli, il diritto di suolo, cioè al riconoscimento della cittadinanza nello Stato dove si nasce. “La cittadinanza è soprattutto un percorso culturale, esprime il senso di appartenenza a una comunità. Non riversiamo su di loro le nostre frustrazioni e il nostro odio”.

Ma si appella pure ai numerosi sindaci presenti in sala. “Sfruttate i finanziamenti europei per i progetti di integrazione, la metà dei fondi disponibili purtroppo non vengono utilizzati”. Soprattutto però li ringrazia: “Il vostro è un territorio accoglienze, la politica di integrazione comincia proprio da qui”. In sala ad ascoltarla ci sono centinaia di persone: onorevoli, esponenti istituzionali, autorità militari, presidi, insegnanti, genitori e familiari degli alunni che devono ricevere la cittadinanza civica, amici, compagni di scuola, dove almeno lì sono già tutti uguali. Il compito degli onori di casa spetta al primo cittadino Paolo Strina, che nel suo saluto cita Stev Jobs, figlio di madre svizzera e papà siriano, adottato da statunitensi, come Sergey Brin cofondatore dell’azienda, nato a Mosca da famiglia di origini ebraiche.

E spiga che “un diritto in più per qualcuno è un diritto in più per tutti”. “Oggi ho ascoltato un'altra affermazione della ministra molto densa di significato: ha detto che alla integrazione bisogna togliere la R e trasformarla in interazione. E’ vero, noi dobbiamo dare a tutte le persone che risiedono in Italia la possibilità di diventare cittadini attivi, nei diritti come nei doveri“. Per questo nel piccolo centro brianzolo è nata la scuola di italiano per stranieri, ci sono lo sportello per immigrati, l’iniziativa congiunta tra Amministrazione e parrocchia “Adotta una famiglia” per il sostegno nelle necessità di base di chi è in difficoltà , la Locanda del Samaritano, che grazie agli operatori dell’associazione il Pellicano fornisce una prima risposta all’emergenza abitativa, gli Amici di San Francesco legata all’Ente Fiera che da anni sono in Africa in progetti di cooperazione, le serate interreligiose. Ma pure la consegna della Costituzione agli scolari di prima, perché non ci sono solo diritti, ma anche doveri.

Nonostante i timori e gli annunci della vigilia i contestatori sono pochi, sostengono il reato di clandestinità con alcuni striscioni, ma un imponente cordone di sicurezza di carabinieri e poliziotti in tenuta antisommossa li tiene a distanza. Molti di più sono i sostenitori che accolgono l’illustre ospite con applausi a bandierine tricolore che sventolano durante l’esecuzione dell’inno nazionale e di quello europeo che chiudono anche la giornata lecchese della ministra. “Vi ringrazio ancora. Sono onorata della vostra accoglienza, spero di poter tornare tra voi se mi inviterete quando si riunirà il Consiglio intercomunale dei ragazzi”, si congeda lei a passo svelto sorvegliata sempre dagli addetti alla sua incolumità che impediscono a chiunque di avvicinarla troppo. Perché Cecile Kyenge incarna  un processo irreversibile, ma che qualcuno si ostina lo stesso a voler fermare a tutti i costi.