Ballabio (Lecco), 14 dicembre 2013 - «Ma quale latitante? Io appena ho saputo che altre persone mi accusavano di essere coinvolto nell’omicidio di Bruno Ruggero mi sono presentato alle autorità italiane perchè non ho fatto nulla di tutto ciò». Sono risolute le parole di Luigi Rigamonti, che fino al 2012 è stato residente a Ballabio, oggi responsabile di una comunità di accoglienza a Cologno Monzese e da sempre impegnato sul fronte delle marginalità, attività che lo ha portato per diverso tempo anche a operare in Sud America. Proprio in questo contesto Rigamonti spiega di aver conosciuto Ruggero e di aver accettato di avviare un’attività di export di legname dall’Ecuador all’Europa. Attività che non avrebbe funzionato per presunte responsabilità di Ruggero e per questo Rigamonti avrebbe cessato il suo impegno.

«Quello che sta accadendo è assurdo – afferma il lecchese – non ho nulla a che vedere con la morte di Bruno, quando è avvenuta ero in Italia e anche le accuse dei presunti killer non concordano. Tant’è che uno dice che io li avrei ingaggiati mentre l’altro non ricorda. Certo è che io non sono un latitante, vivo in Italia da libero cittadino e della questione si sta occupando la Procura di Roma. Ho un lavoro e uno stipendio regolare, io non sono un latitante, i carabinieri sanno dove abito e tutto questo è assurdo. L’autorità giudiziaria mi ha sentito una volta l’anno scorso su questa vicenda, il mio avvocato segue la pratica e di certo non sono un fuggiasco».

Certo è che la vicenda appare assurda se si pensa che Rigamonti risulta tra i nove soggetti più ricercati della Provincia di Los Rios in Ecuador e anche sul sito dell’Interpol c’è una sua scheda in cui è indicato come latitante con tanto di foto e descrizione fisica. Ora resta da capire se questo sia un malinteso di dimensioni colossali o altro, fatto sta che un presunto ricercato è di fatto a totale disposizione delle autorità per sua stessa ammissione. Bruno Ruggero fu ucciso il 16 maggio 2011 a coltellate e secondo uno dei presunti killer Rigamonti avrebbe pagato 2.000 euro per farlo eliminare a causa di un debito di circa 800mila euro.

Tutte ipotesi che dovranno essere verificate in sede processuale, anche se l’udienza preliminare fissata per ieri a Roma è stata rinviata a giugno. «Lavoravo a Milano quando l’omicidio è avvenuto – ha raccontato Rigamonti – ero qui da due anni quando ho saputo dell’omicidio e una volta scoperto che era stato fatto il mio nome mi ero presentato subito ai carabinieri. Ho lavorato come volontario in Perù e in Ecuador e quello che sta accadendo mi provoca un dolore terribile, ho sempre dato il mio aiuto ai bisognosi, non ho mai dato peso al denaro e di certo non ho commissionato un omicidio».