Abbadia Lariana (Lecco),  30 novembre 2013 - La giovane mamma di Abbadia Lariana che ha ucciso il figlio di nemmeno tre anni, da ieri è stata trasferita all’ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere. Secondo gli psichiatri che la stanno assistendo il Bassone di Como, dove era detenuta, non è la struttura idonea per Aicha Christine Eulodie Coulibaly, la 25enne originaria Costa d’Avorio di Abbadia Lariana che all’alba del venerdì 25 ottobre scorso ha accoltellato con una forbiciata dritta al cuore il proprio ultimogenito Nicolò. Il legale di fiducia l’avvocato Sonia Bova, le è vicina e ogni giorno si mette in contatto. «È in un momento particolare - racconta l’avvocato Sonia Bova -. Ha bisogno dunque di supporto e assistenza, ma anche di personale specializzato che le stia accanto e l’ospedale giudiziario in provincia di Mantova è il posto adatto per lei. Vi rimarrà almeno per un mese, in prova, poi si vedrà se effettivamente si tratta della collocazione migliore oppure se potrà tornare in un’altra struttura».

L'avvocato Sonia Bova si è presa particolarmente a cuore il caso, non solo per la rilevanza della vicenda, ma soprattutto per l’empatia che prova nei confronti di quella madre che ha ammazzato la persona che continua a ripetere essere il suo bene più prezioso al mondo, il bimbo che non ha mai nascosto essere il preferito perché l’unico che le teneva compagnia nelle lunghe giornate di solitudine e che in un’occasione, quando si è sentita male nella vasca da bagno, ha chiesto aiuto per lei ai vicini.

Intanto due lettere sono state inviate nei giorni scorsi ad Aicha Christine Eulodie Coulibaly nel carcere di Como. «È difficile partecipare in modo distaccato come cittadini a questa orrenda storia - si legge in una missiva - che si è consumata tra noi e dove drammaticamente il tuo ruolo di madre si è frantumato in quel gesto irreversibile per la vita del piccolo Nicolò è veramente e dolorosamente difficile...». «Non compete a noi - prosegue la missiva - giudicare questo dramma in cui sei sprofondata..». «In questi giorni di confusione - conclude la lettera - possa tu con l’aiuto dei tuoi cari, degli assistenti carcerari e della nostra preghiera trovare la strada giusta per un cammino di rinascita, di chiarezza e di perdono».

Proseguono le indagini per ricostruire l’esatta dinamica di quei tragici minuti di follia omicida. Risulterebbero delle lacune nelle ricostruzioni fornite e delle discrepanze rispetto a quanto riferito dal marito, non tanto sul susseguirsi degli eventi, piuttosto sui giorni precedenti e sui motivi che avrebbero potuto spingerla a tanto. Lei sostiene che qualcuno l’abbia indotta quasi volontariamente a credere che il consorte avesse un’altra relazione, che sentiva delle “voci nella testa”, che più volte avesse cercato di comunicare al compagno che stava per cedere. Lui tuttavia non avrebbe mai colto segnali tanto preoccupanti. Si tratterebbe comunque di dettagli, l’ipotesi più plausibile al momento resta quella di una raptus dovuto ad una crisi depressiva post partum degenerata nell’ultimo periodo per una serie di sfortunate circostanze.