Nibionno, 29 ottobre 2013 - Maidstone, capitale della contea di Kent, il giardino d’Inghilterra. All’ingresso del civico 26 di Lower Stone Street sono adagiati diversi mazzi di fiori, in ricordo di Joele Leotta, il 19enne di Nibionno che domenica della passata settimana è stato massacrato di botte. E’ lì che è successo tutto, sopra il “Vesuvius”, un locale gestito da italiani dove il brianzolo e il suo amico del cuore e coetaneo Alex Galbiati di Rogeno lavorano come camerieri da appena sei giorni. La paga comprende anche il vitto e quell’alloggio che si affaccia su una strada abbastanza centrale, affiancata da bar, pub, ristoranti, qualche pensione, negozietti e appartamenti, occupati soprattutto da immigrati.

Dalla stretta porta accanto alla pizzeria si sale al primo livello dello stabile: da una parte del pianerottolo c’è il bagno, in comune, dall’altra la stanza dei due giovani lecchesi, di cui rimangono i materassi spogli, l’unico armadio vuoto e due paia di scarpe, più pochi effetti personali adagiati sul pavimento dei servizi igienici. I due ragazzi vengono aggrediti qui, verso le undici e mezza di sera ora del posto, le 22.30 in Italia. Hanno finito il proprio turno, sono già in pigiama e guardano un film sul piccolo schermo della tv, di quelle ancora con il tubo catodico. Parlano dei progetti per l’indomani, hanno qualche momento libero e vogliono girare la città, magari raggiungere Londra.

All’improvviso violenti colpi scuotono il sottile uscio in compensato. Due pugni trapassano la fragile barriera, loro si alzano di scatto, spaventati, non capiscono quello che sta succedendo e gli estranei irrompono in quella specie di sgabuzzino. Riconoscono Tomas Gelezinis , un lituano di 30 anni, abita proprio di sopra, ma è stato sfrattato perché alcuni vicini si sono lamentati del suo comportamento violento e rissoso. Ci sono anche Aleksandras Zuravliovas di 26 anni, Saulius Tamoliunas di 23 e Linas Zidonis, un senza fissa dimora di 21 che spesso però trovava ospitalità dal primo, come gli altri.

Non hanno il tempo di chiedere nulla, i quattro gli sono loro addosso. Volano calci, pugni, manate, cercando di difendersi e scappare giù per quelle strette scale. Ma non serve a nulla. Joele inciampa, cade, soccombe sotto le pedate. Uno di quegli energumeni strappa un pezzo di legno dal passamano della rampa di scalini e infierisce. Alex è inchiodato al muro con un paio di mani che lo soffocano, urla, chiede aiuto e guarda impotente l’amico scosso da convulsioni sempre più flebili. Un condomino, Enriquez, lo chef del “Vesuvius”, prova a intervenire, ma comprende la situazione e si rifugia subito nel proprio bugigattolo. Dura tutto cinque interminabili minuti, forse meno.

Poi in lontananza finalmente si sentono le sirene delle pattuglie degli agenti di polizia che stanno arrivando, li ha chiamati un cinese che abita nel palazzo accanto, si scorgono anche i bagliori blu dei lampeggianti. Ma ormai è tardi. Joele è a terra, immobile, il volto scempiato irriconoscibile, Alex gli si avvicina, capisce e si rannicchia in un angolo, fino a quando i sanitari non lo invitano a salire sull‘ambulanza. Li segue come un automa mentre osserva il suo amico in barella venire trasferito sull’elisoccorso. I residenti della zona da dietro le finestre delle loro abitazioni assistono alla scena. Sono abituati alle risse, il quartiere è pieno di stranieri, polacchi e lituani soprattutto, tutti li temono. Ma ai morti no, è la prima volta che capita. E adesso quel giardino di Inghilterra pare più la foresta delle streghe.

di Daniele De Salvo