Abbadia Lariana (Lecco), 27 ottobre 2013 - «La nostra volontà è che la bambina venga affidata a noi». Parla con dolorosa energia Claudina Rusconi, con tutta la sua sofferenza di mamma e di nonna. Aicha, la compagna di suo figlio Stefano Imberti, ha ucciso Nicolò, tre anni che non potrà compiere il 25 novembre, il primo bambino nato dalla loro unione. Un solo tremendo fendente al cuore, sferrato con un paio di forbici. Sara, la secondogenita di undici mesi, è ancora in osservazione nella pediatria dell’ospedale «Alessandro Manzoni» di Lecco. Una precauzione necessaria, ma la piccola e inconsapevole testimone del dramma familiare è uscita indenne. «Mio figlio - aggiunge nonna Claudina prima di richiudere la porta - non si stacca un momento dalla sua bambina. Per fortuna Sara sta bene. Stefano non sa darsi pace, non riesce a trovare una ragione».

Sono trascorse poche ore, ma pare già lontanissima la notte che si è vissuta nel chiuso di quella casa di pietra alla frazione Novegolo di Abbadia Lariana. Prima davanti ai carabinieri e poi nella sua cella nel carcere di Vigevano, Aicha Christine Coulibaly, 25 anni, originaria della Costa d’Avorio, non ha dato alcuna spiegazione, non ha mostrato segni di ravvedimento, come se avesse del tutto rimosso l’accaduto. Domani l’udienza di convalida dell’arresto.

La notte dell’orrore è tutta racchiusa nei racconti dei vicini di via Giordanoni. Come Lidia Pelucchi, fra i pochi ad avere scambiato qualche parola con la giovane ivoriana. «Lei si affacciava alla finestra del piano terra, guardava all’interno e chiedeva “Dove avete messo la mia famiglia?”. Era uscita nuda, quando mio marito le ha offerto una coperta l’ha rifiutata. Ha cercato di abbracciarmi, ho sentito in quelle braccia una forza terribile, parevano d’acciaio. Mio marito le ha chiesto cosa fosse successo. Ha risposto: “Troppi pesi. Tanto tempo”. Ma tu credi in Dio? “Assolutamente no”, ha risposto decisa. Ogni tanto saltava su e diceva “la segretaria, la segretaria”».

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