Sirtori (Lecco), 12 ottobre 2013 - La giovane Hnan arriva fuori dalle elementari di Sirtori alle 13 in punto. Indossa una lunga tunica marrone, che la ricopre interamente dalla testa ai piedi, ma che adesso lascia scoperto almeno il volto. In mano tiene un cellulare di ultima generazione. Appena il figlio la raggiunge saluta le amiche si dirige verso a casa, a due passi da scuola, mentre loro si soffermano a parlare ancora qualche istante con gli alti genitori. «Non ho nulla da dire», risponde sorridente ma con lo sguardo basso tramite un’interprete quando le chiediamo se intende commentare la lettera e la convocazione del sindaco Davide Maggioni per suggerirle di non mascherare più il viso. «No», ripete perentoria scuotendo ripetutamente il capo quando una connazionale che si propone come traduttrice ripropone la domanda. «Dice che non vuole parlare», riferisce quest’ultima.

La sensazione tuttavia è che aggiunta anche altro, perché continua a parlare e dalla voce che formula vocaboli incomprensibili sembra traspaia come fastidio. Anche il marito Rachid Faik, incrociato per strada con in braccio il bimbo più piccolo, non ha nulla da spiegare. «Adesso è tutto a posto no? Cosa volete di più ancora, stiamo rispettando le leggi italiane come deve essere, non intendevamo causare problemi a nessuno», si limita a replicare. Pure lui è vestito con un abito tradizionale islamico, un camice bianco che gli ricade sino alle ginocchia, sotto il quale spunta un paio di jeans occidentali. L’uomo vive in paese ormai da tempo, la donna lo raggiunto con i tre figli solo a luglio. Vivono un appartamento al sesto piano di un palazzaccio di via Risorgimento che stona con le discrete e basse villette borghesi del quartiere, non solo per l’altezza, ma anche per l’architettura.

Il condominio composto da 36 appartamenti, alcuni dei quali allestiti persino nel sottotetto, ospita in prevalenza stranieri, marocchini soprattutto, come Hnan e Rachid. Sirtori è la realtà più ricca della provincia, con un reddito pro capite di oltre 28mila euro, tra i più alti in Lombardia ma anche in Italia. Nel contempo è anche uno dei centri con la più alta concentrazione di immigrati. Su una popolazione di poco meno di 3mila anime, il 9% è rappresentato da stranieri, il 60% dei quali magrebini, la comunità etnica più rappresentativa. Gli altri inquilini dell’edificio rispondono al citofono senza difficoltà, aprono persino la porta rassicurano che la fede e la religione non hanno mai costituito motivo di discriminazione. Loro due invece no, dallo spioncino dell’uscio si scorge che osservano fuori, ma rimangono barricati all’interno. «È inutile - riferisce una vicina, anche lei del Marocco -. Non fanno entrare nessuno, nemmeno noi».

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