di Daniele De Salvo

Rovagnate, 16 settembre 2013 - Navate e banchi della chiesa di Monte di Rovagnate vuoti durante le messe domenicali. Solo una quarantina di fedeli hanno partecipato alle funzione festive, rispetto alle oltre quattrocento persone che invece di solito affollano la basilica. La maggior parte di loro hanno disertato gli appuntamenti religiosi in segno di protesta per la rimozione di don Giorgio De Capitani, 75 anni, l’ormai ex curato trasferito d’ufficio dai vertici della diocesi ambrosiana, noto per le sue forti prese di posizione contro i politici di centrodestra e i rimproveri nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche.

Le pecorelle del suo gregge di anime, dopo aver inviato una petizione in curia e scritto direttamente a papa Francesco, hanno indetto lo sciopero dei sacramenti. Hanno assistito alle celebrazioni eucaristiche a Dolzago, nuova destinazione di quello che comunque considerano sempre il loro pastore. Ad accogliere gli sparuti superstiti sull’altare si è presentato invece il 64enne padre Giulio Binaghi, rettore del santuario della Madonna del bosco di Imbersago, che ha accettato l’incarico di accompagnare i parrocchiani sino all’arrivo del nuovo prevosto.

Il “supplente” ha preferito evitare qualsiasi cenno sulla complicata situazione, proprio come la sera precedente il vicario episcopale di Lecco monsignor Maurizio Rolla, 60 anni, che si è limitato a presentare alla comunità il sostituto. Chi invece non si è astenuto dall’intervenire sulla vicenda è stato il diretto interessato, che non lesina ulteriori stoccate né ai suoi superiori né ai colleghi del territorio.

«Ho lottato contro le fabbriche che chiudevano o contro le fabbriche inquinanti, l’ho fatto perché gli operai sono figli di Dio anche loro, indipendentemente se vanno in chiesa oppure no, ho lottato per i beni comuni, terra e acqua, ho lottato in difesa della democrazia e della giustizia. - spiega -. Ma i superiori che fanno? Mantengono l’ordine costituito, fanno di tutto per far rientrare chi esce alla ricerca di campi più spaziosi, per chiudere i cieli. Questi gerarchi sono oscenamente chiusi a ogni novità evangelica».

In ogni modo, nonostante l’assegnazione che gli è stata riservata, continuerà ad abitare nei paraggi, a Cereda, frazione di Perego: «Voglio vivere in un posto tranquillo, nel parco della Valcurone, anche come sentinella». E annuncia che intende realizzare un suo sogno, quello di una comunità cristiana di base. Ma il cardinale Angelo Scola con una missiva a lui indirizzata assicura che «il trasferimento è del tutto consueto per i presbiteri e vescovi al conseguimento dei settantacinque anni di età. Ma gli ribadisce pure «l’inaccettabilità» dei suoi «interventi, suscettibili di sanzioni canoniche».