Olgiate Molgora, 12 agosto 2013 - Milioni e milioni di litri d’acqua in un labirinto completamente sommerso e in parte inesplorato incombono su Olgiate Molgora. Sono quelli custoditi nelle Gallerie Pelucchi, a inizio del secolo scorso utilizzare come miniera della marna migliore al mondo e adesso in stato di abbandono. Il complesso estrattivo è composto da cinque livelli di gallerie, in parte parallele e in parte sovrapposte, che penetrano nelle viscere della terra. Il primo, più superficiale, è l’unico percorribile a piedi, si allunga per 260 metri ed è alto una decina. Il secondo e il terzo sono simili, sebbene più brevi, e risultano allagati dalla pioggia e dalla falde, come il quarto o il quinto di cui si conosce poco. I diversi piani sono separati da uno spesso strato di roccia e comunicano mediante cunicoli e un profondo pozzo.

Si presume siano uniti alle altre numerose cave della zona in un intricato groviglio di passaggi che corre nel sottosuolo della zona, tra la frazione di Monticello, Calco, Rovagnate e Santa Maria Hoè. Il timore è che, in caso di calamità naturale, l’immensa riserva idrica possa riversarsi all’esterno, inondando la valle e spazzando via ogni cosa, in una catastrofe che assumerebbe proporzioni addirittura superiori al disastro del Vajont. Uno scenario davvero apocalittico, che parrebbe impossibile in una zona antropizzata come quella lombarda.

«Per questo abbiamo commissionato uno studio agli esperti del Politecnico di Torino - spiega l’ex sindaco del paese Alessandro Brambilla, che più di tutti si è interessato del pericolo -. Dagli studi e dai rilievi sembrerebbe non sussistano rischi imminenti, dovrebbe succedere un cataclisma perchè ciò avvenga». Per fugare ogni dubbio si è comunque ipotizzato di sfruttare e ridurre la massa d’acqua per approvvigionare la rete idrica, con un possibile risparmio di decine di migliaia di euro all’anno: «Il problema è che si tratta in prevalenza di acqua piovana accumulata nel tempo che andrebbe bonificata e purificata, con una spesa superiore agli eventuali guadagni».

E anche l’idea di valorizzare turisticamente l’area è stata accantonata: «Occorrerebbe realizzare imponenti e onerosi interventi di messa in sicurezza». Il “labirinto del Minotauro” della Brianza - come viene chiamato - è dunque destinato a rimanere inutilizzato ancora per molto, con il suo fascino e i suoi misteri. E il suo carico d’acqua e di paure.

di Daniele De Salvo