di Daniele De Salvo

Paderno D'Adda, 8 agosto 2013 - Se Venezia ha il ponte dei sospiri, che i condannati a morte attraversavano per presentarsi al boia, Paderno d’Adda ha quello dei suicidi, dove decine di persone scelgono di farla finita, gettandosi nel vuoto dai suoi 85 metri di altezza sopra il fiume. Quattro coloro che hanno compiuto il salto nel 2012, già cinque in questo 2013, decine e decine che nemmeno si contano: una cinquantina dal 2000 ad oggi.

Gente del posto in prevalenza, ma anche molti che giungono da ogni angolo della Lombardia, certi di non avere scampo una volta lasciatisi cadere di sotto, perché l’acqua, dopo un volo di cinque secondi, diventa come un muro in cemento contro cui ci si schianta a 150 chilometri orari di velocità. E così, quello che è un gioiello architettonico dell’archeologia industriale, è divenuto simbolo di dannazione.
Una storia, quella del viadotto San Michele, circondata da un’aura di sventura sin dalla sua realizzazione, tra il 1887 e il 1889, perché si narra che il progettista, lo svizzero Jules Röthlisberger, proprio pochi attimi prima del collaudo abbia anche lui pensato di togliersi la vita per timore che la sua creatura crollasse, sebbene invece sia morto di polmonite nel 1911.

In realtà, con la sua arcata a campata unica in ferro di 150 metri di diametro, sostenuta da sette piloni sempre in metallo, e un’impalcatura a due livelli dove passano al piano inferiore la ferrovia elettrificata e su quello superiore la strada che collega la sponda lecchese a quella bergamasca, il ponte, scampato ai bombardamenti delle due grandi guerre, è una meraviglia ingegneristica al pari della Torre Eiffel di Parigi, della stessa epoca. Il doppio arco da solo pesa oltre 1.320 tonnellate, mentre la travata principale raggiunge i 950mila chilogrammi e i piloni le 245 tonnellate.

Per questo il sindaco del paese Walter Motta vorrebbe che il capolavoro fosse citato più per la sua magnificenza che per le tragedie di cui è teatro. Ma l’unico rimedio fino ad oggi sollecitato ed elaborato dalla prefettura è di installare parapetti più alti. 

Le due amministrazioni provinciali di Lecco e Bergamo sarebbero pronte a stanziare 200mila euro per parte. «C’era già un accordo, che coinvolgeva anche i funzionari della Sovrintendenza e i tecnici di Rfi - conferma il primo cittadino, che ieri ha incontrato il prefetto di Lecco Antonella Bellomo per discutere dell’argomento - ma con il patto di stabilità e i tagli ai trasferimenti, mancano i soldi». Soldi che, oltre alla collocazione di barriere anti-suicidi, servirebbero per la messa in sicurezza del cavalcavia, divorato dalla ruggine e al limite del collasso.

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