di Daniele De Salvo

Castello Brianza, 6 agosto 2013 - Trentasei ore di tempo perse, da una struttura all’altra, in cerca di un posto dove potesse essere assistita. Poi i sanitari della rianimazione del Manzoni di Lecco le hanno finalmente aperto le porte ma, forse, per Miriam Maggioni, 36 anni di Castello Brianza, era già troppo tardi e, dopo una breve agonia, è morta, consumata nel fisico e nell’animo a causa dell’anoressia che l’ha prosciugata. Adesso papà Luigi e mamma Angela vogliono capire se avrebbe potuto essere salvata.

Per questo hanno già chiesto copia di tutta la documentazione clinica e contattato un avvocato. Ma vorrebbero anche che quanto capitato serva da monito, perchè chi vive la stessa condizione della figlia non sia considerata alla stregua di una pazza e riceva un supporto adeguato. «Aveva bisogno solo di qualcuno che la comprendesse e la aiutasse, non che la giudicasse o l’accusasse», raccontano i genitori.

La giovane donna aveva accusato i primi disturbi del comportamento alimentare a vent’anni. Dopo quattro ricoveri in altrettanti centri, sembrava potesse farcela, ma lo scorso febbraio era ripiombata nel tunnel dei suoi problemi, fino a ridursi a uno scheletro di appena 25 chilogrammi.

Martedì scorso il tracollo: non riusciva a parlare e non si reggeva in piedi. I parenti l’hanno accompagnata al Pronto soccorso di Lecco. Da qui, dopo essere stata dimessa, al San Gerardo di Monza, qualche esame e via di nuovo, questa volta verso il San Leopoldo Mandic di Merate e infine ancora Lecco. Ma il suo corpo era troppo debilitato, incapace di assorbire qualsiasi sostanza.

Giovedì si è verificato il tracollo sotto forma di una crisi respiratoria. «Perchè non l’hanno ricoverata subito? Perchè nessuno si è accorto che necessitava di cure urgenti? Perché tutta questa burocrazia? - si chiede la madre - Tra venti giorni avrebbe festeggiato 37 anni; ci è stata donata in agosto, ci ha lasciato in agosto. Ora ha smesso di soffrire e di non essere compresa, ma chi non l’ha aiutata deve renderle conto».