Merate, 30 giugno 2013 - Lutto all’osservatorio astronomico di Berra di Merate per la morte dell’astrofisica 91enne Margherita Hack, che alla specola di via Emilio Bianchi, succursale dell’istituto di ricerca milanese, ci ha lavorato per due lustri, dal 1954 al 1964. Un periodo importante per lei, dove ha compiuto studi sulla spettrografia stellare, eppure non dei più felici, sotto il profilo professionale e umano, a causa dei difficili rapporti e delle gelosie con i colleghi.

Due le ragioni che hanno spinto quella che all’epoca era una libera docente fresca di nomina ad approdare in Brianza, come ha raccontato lei stessa nella propria autobiografia «Nove vite come i gatti». «Innanzitutto all’epoca Aldo (il marito Aldo De Rosa, ndr) e io vivevamo ancora dai miei ed era arrivata l’ora di trovarci una casa tutta nostra. A Merate gli astronomi aveva diritto all’alloggio di servizio e a quanto pare lì ce n’erano tanti. Ma si partì anche per una ragione più nobile. A Merate c’era un telescopio con un’apertura di un metro e uno spettrografo pensato per la spettrografia stellare, che era il mio campo».

Nonostante le migliori aspettative tuttavia si è subito dovuta scontrare con quelli che ha definito «tutti i difetti del mondo accademico». L’unica fortuna è stata che il direttore dell’epoca, «un vero e proprio barone con il suo codazzo di schiavetti, stava sempre a Milano», salvo manifestarle tutta la sua antipatia quando invece rimaneva in sede. Tra una borsa di studio in Olanda e viaggi negli Stati Uniti è comunque riuscita a superare indenne quella che ha definito una «pantomima», peggio, un «deserto dei Tartari». 

«Giravo il mondo e pubblicavo ricerche, mentre gli altri lì dentro per vedere il proprio nome da qualche parte avrebbero dovuto andare in tipografia e ordinare biglietti da visita. Non c’era nessuno stimolo, nessun confronto tra pari, il tempo passava senza portare con sé segni di cambiamento». Cambiamento che invece è giunto con la cattedra di astronomia all’università di Trieste, dove tra l’altro è stata la prima donna italiana a dirigere l’osservatorio astronomico. Gli unici ricordi positivi che la “signora delle stelle” ha serbato dela Brianza sono stati le lunghe gite in bicicletta e la natura.