Lecco, 19 giugno 2013 - «Adesso però andate in pensione». Ha voluto chiudere così il Gup del tribunale di Bergamo, Bianca Maria Bianchi, l’udienza nella quale ha condannato a tre anni quei tre attempati imputati (rei confessi) comparsi per rispondere dei reati di rapina aggravata e sequestro di persona. In effetti Vincenzo Bornino di Calolziocorte con i suoi 79 anni, Giuseppe Rizzotto (69) e Mario Loverini (67 anni), entrambi residenti a Lecco, avrebbero l’età nella quale di solito gli hobby sono le partite a carte con gli amici o i pomeriggi trascorsi al parco con i nipotini.

La loro passione al contrario era assaltare gli uffici postali. Quella che era passata alla storia come la banda dai «capelli grigi» aveva terminato le proprie scorribande proprio là dove normalmente staziona chi ha raggiunto l’età delle pensione, al bar appunto. Erano stati arrestati l’11 aprile scorso al bar «Cavalli» di Balisio (Comune di Ballabio). Lì si erano fermati per un bicchierino, forse per festeggiare il colpo messo a segno poche ore prima all’ufficio postale di Gerosa. Lì alle 13.30 due individui travisati, accento italiano, uno con un coltello, l’altro con una pistola avevano fatto irruzione. Avevano chiuso nel bagno il direttore, l’impiegata e un paio di clienti nell’attesa dell’apertura della cassaforte temporizzata.


Con un bottino di 10mila e 500 euro erano fuggiti dalla val Brembana a bordo di un furgone bianco, condotto da un complice. Su quel furgone, risultato poi di proprietà della moglie di Rizzotto, si erano concentrate le ricerche. Con l’allarme lanciato dai carabinieri di Zogno era scattato un piano anti-rapina con una fitta rete di posti di controllo lungo le vie di comunicazione al confine delle due province. Era toccato a una pattuglia del nucleo radiomobile della Compagnia di Lecco riconoscere il furgone posteggiato fuori dal bar «Cavalli».


Un rapido controllo con la centrale operativa, la richiesta di rinforzi e il blitz è potuto scattare senza troppi clamori e, soprattutto, senza alcuna conseguenza per i clienti che si trovavano in quel momento nel locale. I tre vecchietti, seduti a un tavolino in tutta tranquillità, non hanno opposto resistenza. Intanto la perquisizione all’interno del furgone permetteva di rinvenire il bottino, nascosto in una busta sotto il pianale del cassonato.

La prova «provata» a cui si è aggiunto, una volta condotti nella caserma di Zogno, il riconoscimento da parte di alcuni testimoni della rapina. Davanti al Gup, i tre (difesi dall’avvocato Marcello Perillo del Foro di Lecco) hanno ammesso tutto ottenendo le attenuanti generiche, l’assoluzione per il reato di sequestro di persona e meno del minimo della pena (quattro anno e mezzo).

andrea.morleo@ilgiorno.net