Lecco, 31 maggio 2013 - Si aggrava la posizione del giovane marocchino (H.T.) accusato di aver abusato della figliastra di soli otto anni. Più della testimonianza della madre naturale della bimba - una connazionale che l’uomo ha sposato in seconde nozze nel 2008 - ad inchiodarlo sono state le deposizioni dei due medici che visitarono la piccola nei giorni successivi ai fatti (24 ottobre). «La bambina presentava lesioni nelle parti intime, una microabrasione e una piccola escoriazione. Sono segni di un danno meccanico ma non posso dire da cosa provocato», ha spiegato in aula il dottor Mario Villa. 

«Ho rilevato segni di digitopressione, che è un classico sintomo di abusi», ha poi aggiungo il ginecologo. Parole che non lascerebbero spazio a fraintendimenti. Parole che pesano come macigni, a cui si sono aggiunte quelle della dottoressa Marina Zabarella, la neuropischiatra infantile del «Manzoni» che ha riferito le confidenze ricevute dalla presunta vittima. «La bambina ha raccontato tutto, anche nei minimi dettagli». Dettagli che poi la specialista ha elencato con estrema dovizia, un doloroso mantra che non ha mancato di suscitare disgusto in aula. La prima testimonianza è stata però quella della madre - dipendente di una casa di riposo della zona e madre di altri due bimbi piccoli, avuti dall’imputato - che ha ricostruito innanzitutto la situazione familiare.

«Lui aveva smesso di lavorare di sua iniziativa. La cosa non mi era stata bene, però mi dava con i bambini durante il giorno. Era un padre normale e non ho mai avuto nulla da dire». Fino a quel maledetto 24 ottobre scorso. «Come sempre sono tornata a casa alla fine del turno, erano le 20.20». Durante la giornata la donna ha raccontato di aver telefonato tre-quattro volte a casa. Nell’ultima conversazione lui mi ha detto che era al Bennet per qualche compera». La donna rientra dal lavoro e trova «una situazione strana: lui e la bambina erano in sala ma mi sembravano imbarazzati, sopratutto lui».

Sono i primi sospetti, «così ho preso la scusa di fare la doccia e ho portato la bambina in bagno». Lì quei sospetti si acuiscono soprattutto «quando le ho controllato le mutandine e poi quando ha cominciato a piangere in risposta alle mie domande». I sospetti restano tali, la bambina si chiude in sè, il marito non dà spiegazioni chiare e così la donna decide di sporgere denuncia. Il 29 ottobre si presenta in questura a Lecco e mette nero su bianco tutte le sue paure.

Scattano le indagini dell’Ufficio dei minori, viene coinvolto lo staff medico sanitario dell’ospedale che avvia le delicate procedure. Ci vuole pochissimo per raccogliere gravi indizi di colpevolezza e il 31 ottobre il marocchino viene arrestato. Il processo è aggiornato all’udienza del 27 giugno prossimo. Già in quella data forse arriverà la sentenza.

andrea.morleo@ilgiorno.net