Colico, 30maggio 2013 - «Se quelle autorità che verranno a vedere i lavori hanno appena un briciolo di conoscenza di quella che è una galleria, dovrebbero chiamare una ditta specializzata in sondaggi, far fare un buco nel cemento delle volta e vedere quant’è lo spazio tra la roccia e il getto. Scoprirebbero un vuoto che rappresenta il pericolo che noi continuiamo a sottolineare».

Con queste parole di un operaio impiegato nei lavori di realizzazione della galleria Piona-Dorio si apriva un articolo scritto su «Il Giorno» da Marino Balsimelli del 4 gennaio 1976. Ci sono decine di articoli, vecchi di quarant’anni, che denunciano le cose che non vanno e pubblicano stralci delle perizie geologiche che chiedevano di realizzare le gallerie più a monte per evitare crolli come quelli che oggi stanno provocando i terribili disagi alla viabilità oltre che lo spreco di milioni di euro.

Il 18 gennaio 1976 il nostro quotidiano pubblica alcuni stralci della perizia effettuata dal professor Alfredo Pollini, geologo e perito del tribunale di Milano che su incarico del Comitato popolare di Colico ha effettuato una serie di verifiche e precisato che il tracciato della galleria «si sviluppa a quota e con direzione tali da far prevedere che attraverserà in pieno una zona di fasce di roccia molto debole, suddivise in blocchi di precario equilibrio, disancorati lungo piani di taglio con inclinazioni verso il vuoto, disposti a franapoggio. Il tracciato incontrerà anche vuoti formatisi per progressivo allargamento delle fratture ed ampliati dall’azione erosiva di flussi idrici sotterranei». Il geologo Pollini sottolineava la pericolosità insita nel realizzare la galleria in questa zona e affermava che «sarebbero potuti accadere i più disastrosi incidenti». In seguito a queste relazioni e alla denuncia di Pollini e ai numerosi crolli la magistratura aprì un fascicolo che però non portò evidentemente a nulla.

«Più si avanza e peggio è – raccontava un operaio nel 1976 – io ed i miei compagni lavoriamo da anni nelle gallerie, siamo stati anche all’estero, ne abbiamo viste di tutti i colori, ma mai una montagna così marcia». Il 21 agosto 1975 l’ingegner Luigi Oliva, capo del compartimento Anas della Lombardia, dopo nuovi crolli difende le scelte operate dai progettisti e cita la perizia del geologo Bruno Pigorini che lavora per la ditta appaltatrice dei lavori e dichiara: «Non si prevedono veri e propri piani di distacco, ma soltanto piccoli rilasci gravitativi, d’altronde limitati alla calotta nei punti di più difficile spaccabilità della roccia.

Sono invece da prevedersi in qualità anche cospicua venute d’acqua diffuse capricciosamente sotto forma di stillicidio oppure concentrate là dove la roccia si sia fratturata. Per queste gallerie è opportuno prevedere per buona parte l’impiego del calcestruzzo spruzzato come mezzo d’opera all’atto dello scavo per bloccare nel breve volgere di qualche ora ogni possibile allentamento della roccia scavata nei punti di maggior disturbo tettonico».

di Stefano Cassinelli