di Daniele De Salvo

Paderno D’Adda, 25 marzo 2013 — Avrebbe sparato contro la vittima, ferendola mortalmente, perché gli avevano riferito che molestava le bambine e che guardava siti internet con immagini di minorenni che si esibivano in scene pornografiche; perché lo avevano convinto, insomma, che fosse un pedofilo e che meritava una lezione.

È la verità raccontata da Fabio Citterio, il tecnico informatico di 46 anni di Lurago d’Erba che l’anno scorso, la sera del 10 maggio, aveva ammazzato Antonio Caroppa, un padre di famiglia di 42 anni di Paderno d’Adda, freddato nel box sotto casa. Con lui c’era anche la cugina Tiziana Molteni, operatrice sanitaria di 54 anni, di Dolzago: se l’è portata dietro come guarda spalle, probabilmente senza nemmeno annunciarle il compito che avrebbe dovuto portare a termine; tutto questo mentre ad attenderli in auto, a poca distanza, era rimasto Santo Valerio Pirrotta, disoccupato 46enne suo vicino di casa.

Sarebbe stato proprio quest’ultimo a raccontargli dei presunti abusi e a reclutarlo per conto di un mandante al momento sconosciuto, fornendogli la pistola da cui è stato esploso il colpo falate. L’esperto di computer tuttavia, non aveva intenzione di uccidere il padernese, voleva solo spaventarlo in quella che sarebbe stata una spedizione punitiva poi finita male, perché la vittima avrebbe reagito e impugnato un coltello per difendersi.

I nuovi particolari sono emersi durante l’ultimo interrogatorio, chiesto dallo stesso omicida, che si è svolto la scorsa settimana. Alla pm incaricata del caso, il sostituto procuratore di Lecco Rosa Valotta, il reo confesso ha voluto ribadire e chiarire tutti gli aspetti della vicenda in vista del processo che lo vedrà alla sbarra insieme ai due complici e che comincerà tra meno di un mese, il 16 aprile, con l’udienza preliminare.

«Il mio assistito ha raccontato che stava attraversando una fase di particolare difficoltà psicologica e fisica - riferisce il suo avvocato difensore Marcello Perillo, 41 anni di Merate -. Ha anche spiegato che per darsi coraggio ha assunto sostanze stupefacenti e non si è reso conto di quello che stava commettendo». In cambio del lavoro sporco gli sarebbe stata promessa una ricompensa di poche decine di euro, che poi non avrebbe nemmeno incassato, perchè nel giro di 24 ore i carabinieri l’hanno arrestato, grazie alla scia di indizi e testimoni che lui e gli altri si sono lasciati alle spalle.

Le dichiarazioni coincidono, almeno quelle dei due parenti, mentre il terzo continua a sostenere di essere stato incastrato da loro. Quello che è certo, è che gli investigatori hanno categoricamente escluso che il brianzolo fosse coinvolto in crimini sessuali contro minori: sul suo pc non è stato riscontrato nulla di compromettente e la sua vita privata, passata al setaccio, è risultata inappuntabile.

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