Lecco, 12 marzo 2013 - Lo picchiava senza alcun motivo, dalla mattina quando lo svegliava prendendolo per il collo fino alla sera, quando gli imponeva di dormire a suon di botte. E durante l’intero arco della giornata continuava a maltrattarlo, anche quando gli faceva il bagno, sbattendogli ripetutamente la testa contro i bordi della vasca, tanto che per quattro volte in un solo mese il bambino è finito in ospedale, in una occasione con due costole rotte, in un’altra con un dito spezzato.

I medici del Pronto soccorso dell’Alessandro Manzoni hanno presto intuito cosa stava accadendo e hanno informato gli agenti della Questura di Lecco. Il piccolo, che ha appena 7 anni, ora è al sicuro, in una comunità protetta, mentre la donna che lo pestava a sangue, un’albanese di 23 anni che vive nell’hinterland del capoluogo, si trova in carcere. Si tratta della matrigna dell’infante, arrestata dagli operatori della Mobile del comandante Marco Cadeddu. E’ accusata di maltrattamenti e lesioni plurime aggravate in concorso. Anche il padre della piccola vittima, convivente della giovane immigrata, è stato infatti denunciato per gli stessi motivi, perché a quanto pare sapeva ma non ha mai parlato.

Per i poliziotti non è stato semplice accertare con precisione quello che avveniva in modo tale da sottrarre il bimbo dalla furia dei genitori. Si sono avvalsi della consulenza di esperti psicologi dell’infanzia, dato che il piccolo, non parla bene l’italiano e soprattutto era terrorizzato e non osava rivelare quello che doveva subire quotidianamente. Determinanti sono state anche le relazioni dei sanitari che hanno assicurato che quel tipo di lesioni non sono compatibili con incidenti e cadute casuali, come invece ha sempre cercato di sostenere la 23enne, che ancora adesso, da dietro le sbarre, continua a negare ogni responsabilità.

Gli investigatori, nonostante le difficoltà, si sono naturalmente presi a cuore il delicato caso, senza badare all‘orologio né agli straordinari, hanno lavorato a ritmi serrati, anche decine di persone e di testimoni per salvare il bambino, il quale ha dovuto fare i conti anche con la morte della vera mamma prima di essere catapultato nell’incubo delle sevizie in casa.