Lecco 6 marzo 2013 - L'hanno chiamata "Notti magiche" in ricordo di quelle lunghe ore trascorse appese ai loro imbraghi in mezzo al baratro strapiombante della parete Ovest della Torre Egger in Patagonia. Trentanove anni dopo la storica impresa dei Ragni di Lecco in Patagonia, che guidati da Casimiro Ferrari conquistarono il Cerro Torre, la montagna più difficile e temibile del mondo, i "Maglioni rossi" tornano a pieno diritto e da protagonisti assoluti nella storia dell'alpinismo, con la conquista della parete Ovest della Torre Egger. Un sogno al quale hanno lavorato per tre anni consecutivi e che nei giorni scorsi, con un'impresa "impossibile" di Matteo della Bordella di Varese e Luca Schiera di Erba, è diventato realtà. Matteo della Bordella ci scrive dalla Patagonia raccontando per la prima volte le emozioni vissute sulla montagna. Ecco alcuni estratti del racconto ancora imbevuto di adrenalina:

«Dopo i tentativi effettuati da me e Matteo Bernasconi negli inverni 2010-2011 e 2011-2012, la nostra salita del 2013 alla parete Ovest della Torre Egger inizia mercoledì 20 Febbraio, quando in una giornata splendida di sole, Luca Schiera ed io percorriamo il lungo avvicinamento che da Chalten, attraverso il passo Marconi conduce fino al Circo de los Altares e quindi al filo rosso, uno sperone di roccia che scende lungo il ghiacciaio sottostante il Cerro Torre e la Torre Egger, dove già gli anni passati facevamo il nostro campo base.In verità già la decisione di provare a fare un'ultimo tentativo alla Egger è stata combatutta e incerta fino all'ultimo», racconta Matteo.

 

28 febbraio

«Luca ed io partiamo dal filo rosso in direzione della Egger. La tattica è sulla carta semplice e lineare: io salirò da capocordata, conoscendo la via dai tentativi precedenti, Luca mi seguirà con le jumar. Scaliamo lo zoccolo ed il nevaio senza particolari problemi, la fatica più grande è data dai pesi dei sacconi che contengono oltre al materiale per aprire su roccia, quello per scalare su ghiaccio e il necessario per sopravvivere 4 giorni in parete».

«Le prime due corde fisse che avevamo lasciato sulla nostra via mancano e i tiri sono da ri-scalare, dopodichè incontriamo un centinaio di metri di corde fisse in buono stato che ci apprestiamo a risalire. Parto per la risalita successiva; la corda sembra in buono stato, ma quando meno me lo aspetto di colpo la calza si rompe ed io scivolo indietro per 2-3 metri finchè le jumar si bloccano nuovamente più in basso! Un altro bello spavento, considerando che mi trovavo ad una quindicina di metri dalla sosta e non avevo ancora messo alcun friend...»

«Alle 17 ripartiamo, le fisse dei due tiri successivi sono soprendentemente in ottimo stato e le risaliamo. Poi però iniziamo le brutte soprese: sugli ultimi 4 tiri aperti l'anno scorso il vento ha completamente ridotto a brandelli le corde che avevamo lasciato, ed ora siamo costretti a riscalarli. Il vero problema è che sono tutti tiri impegnativi, per lo più strapiombanti. Arrampico i primi due, ma poi la luce inizia a calare e noi dobbiamo trovare un posto dove passare la notte. Non sapendo bene cosa fare vedo un punto di parete di circa 2 metri per 3 leggermente appoggiato, o meglio, inclinato a circa 40° direi. Su qualsiasi altra parete non lo considererei mai un posto bivacco, ma appeso in questo vuoto, tutto cambia prospettiva e soprattutto non abbiamo altra scelta: o scendiamo di 300-400 metri oppure passiamo la notte qui. Sarà una lunga notte appesi agli imbraghi, con i piedi che scaricano in una staffa o nel saccone ed il sedere appoggiato su una placca che continua a scivolare verso il basso! "Notti Magiche" dice Luca. Battezziamo questa placca l' Hotel Egger».

 

1 marzo

«Sono le 13.30 quando mi preparo per l'ultimo tiro che dovrebbe portarmi al colle tra Punta Herron e Torre Egger. Capisco subito che non sarà un tiro facile, ma per lo meno adesso fa un po' più caldo e c'è meno vento. Il tiro strapiomba, ma pare ci siano delle tacche. Non sono capace di fare artificiale serio, perciò parto dalla sosta nell'unico vero modo che conosco, ovvero arrampicando in libera. Inizio a salire, la difficoltà non è elevata, ma nemmeno facile, magari 6c o 7a (non saprei proprio), mi accorgo però che non ho possibilità di proteggermi, la roccia è un po' friabile e alcuni passi che faccio sono "senza ritorno", proseguo verso l'alto nella speranza di trovare un piazzamento per un friend. Arrivo ad una decina di metri dalla sosta ma non trovo nulla. Dopo un po' di panico, mantenendo la calma vedo la possibilità di mettere il camalot 4 un po' aperto in una fessura mooooolto friabile. Non senza patemi mi ci appendo e in una decina di minuti pianto a mano lo spit della salvezza».

«Sono ormai le 16 passate quando anche Luca mi raggiunge in sosta al Colle tra la Herron e la Egger. La stanchezza inizia a farsi sentire, dobbiamo fare acqua e appena sopra il colle sembra si possa scavare nella neve un posto da bivacco per lo meno decente!. La mattina chiedo a Luca se vuole salire lui da primo il primo tiro del fungo, e lui accetta volentieri. Luca arriva in sosta e mi recupera ed io parto per l'ultimo e facile tiro che porta in cima».

 

2 marzo

«Sono le 11.20 di sabato 2 marzo quando io e Luca Schiera mettiamo i piedi sulla cima della Torre Egger. Siamo i primi ad essere arrivati fino a qui salendo dalla parete Ovest. E' il momento che avevo tanto sognato e desiderato per 3 lunghi anni».

«Ma siamo entrambi consapevoli di essere solo a metà della nostra salita, ci aspetta infatti un discesa lunga e la stanchezza inizia a farsi sentire. Dopo qualche foto di rito iniziamo le doppie.

Durante la discesa stacchiamo e recuperiamo tutte le corde fisse lasciate in parete.

Alle 17 arriviamo all'inizio del grande diedro. Io sono esausto, ho i brividi dalla stanchezza e sono disidratato. Propongo a Luca di fermarci qui un'altra notte e completare la discesa il giorno successivo. E proprio mentre discutiamo sul da farsi...nonostante fino a quel momento non fossero arrivate grosse scariche, sentiamo un boato enorme e ci ripariamo sotto un piccolo tetto. Un pezzo di neve mista ghiaccio di dimesioni di una moto si schianta proprio dove avremmo dovuto scendere».

«Domenica 3 marzo completiamo la discesa ed alle 16 rientriamo alla nostra tenda».