Civate, 5 marzo 2013 - Domenica, dal pulpito della sua chiesa, durante l’omelia aveva bruciato un’immagine del Papa emerito benedetto XVI, accusando il Pontefice che si è appena dimesso ha abbandonato il gregge. A distanza di nemmeno una settimana dal clamoroso gesto che ha suscitato la dura reazione dei fedeli, don Andrea Maggi, sacerdote 67enne originario di Civate, è pronto a lasciare l’incarico di parroco di Castelvittorio, piccolo borgo medievale dell’alta Val Nervia,  vicino a Sanremo.

A comunicarlo è stato lo stesso vescovo monsignor Alberto Maria Careggio, guida della diocesi di Ventimiglia, dove il reverendo è incardinato e svolge il suo ministero. “In merito alla dolorosa e sconcertante vicenda, stamane è stato ascoltato dall’autorità ecclesiastica, anche come richiesto dalle norme del codice di Diritto canonico - è spiegato in una nota della curia  - Il colloquio, sereno, è stato dedicato alla verifica dei fatti e si è giunti a concordare il modo di procedere per riparare al turbamento procurato dal gesto sacrilego.  Ha manifestato l’intenzione di rinunciare agli incarichi pastorali e sono allo studio le opportune procedure previste. Rimangano aperte la grave offesa alla persona di Benedetto XVI e le ferite prodotte alla Chiesa“.

Il curato non è molto conosciuto nella sua comunità di provenienza, che ha lasciato da giovane per frequentare il seminario ed essere ordinato in Liguria e svolgere parte del suo ministero anche in provincia di Varese. Ogni tanto lo si vede per far visita ai familiari, tra i quali il fratello Giovanni, e nel settembre 2012 ha festeggiato a casa il quarantesimo di consacrazione. A quanto sembra il consacrato ultimamente soffre di depressione che potrebbe averlo indotto ad agire in maniera non consona alla tonaca che indossa. “Questa azione è esecrabile ed ha recato un grave danno e turbamento della comunione ecclesiale”, ribadisce il suo vescovo, che si dice “mortificato” dall’azione di don Andrea, che tuttavia per altri aspetti sostiene si sia “dimostrato sacerdote generoso e di una condotta pastorale sensibile”.

Non si tratta che dell’ultimo sacerdote lecchese in ordine di tempo che ha suscitato scandalo. Prima di lui era stata la volta di don Giorgio De Capinati, pastore di Monte di Rovagnate, soprannominato il “prete anti Lega”, rimproverato a più riprese dalle gerarchie per le prese di posizione dure e nette contro i sostenitori del Pd e del Carroccio. Successivamente era toccato a don Mario Bonfanti, nativo di Merate, ma ordinato in Sardegna e “prestato” a Perego, “licenziato” per aver predicato a favore delle unioni omosessuali, il quale è stato poi scomunicato ed ha abbandonato l’abito talare per passare tra le fila di un’altra confessione religiosa.