La nuova casa di Leo è una grotta ricavata all’interno di un masso staccatosi dal San Martino. Il suo eremo si può raggiungere salendo dal sentiero che da via le Caviate sale verso la località «I pizzetti». A un certo punto, dopo venti minuti di salita, si deve svoltare a destra e proseguire per qualche decina di metri. La casa-grotta si affaccia a strapiombo sul quartiere cittadino di Santo Stefano con una splendida vista sul lago sottostante, il Monte Barro in primo piano e la Brianza sullo sfondo.

Lecco, 5 marzo 2013 - Addio alla città e alle sue regole. Da un mese Leone Silva - 38 anni, originario di Besana Brianza nel Milanese - ha scelto come nuova casa una grotta sulle pendici del San Martino, uno dei monti che sovrasta la città. «Una scelta libera e non dettata a ragioni di necessità», ci racconta Leo mentre insieme percorriamo il sentiero che sale da via alle Caviate. Nel pomeriggio assolato, uno dei primi a regalare alla città un assaggio di primavera, Leo ci guida verso la sua nuova sistemazione.

«Nella mia vita ho fatto mille lavori ma da nessuna parte sono resistito molto. Non è tanto la voglia di lavorare che mi mancava, quanto il sopportare le regole e tutti i rompiscatole che ti stanno intorno». Leo ha resistito finché ha potuto «perché mica si può vivere di aria». Ma poi un bel giorno ha detto basta, si è chiamato fuori «perché non mi riconoscevo più nella logica del produrre a tutti i costi. Tutti parlano di crisi ma per me la gente la crisi ce l’ha dentro, nel senso che ha perso la rotta».

Mentre Leo ci racconta la sua evoluzione interiore, raggiungiamo la nuova casa, una grotta ricavata da un masso staccatosi chissà quanti millenni fa dal San Martino. Davanti all’ingresso un lembo di terra che si affaccia a strapiombo sul bosco sottostante. Di fronte una vista mozzafiato: il lago, incastrato tra la città il Monte Barro e in fondo la Brianza. Leo fa gli onori di casa e decide che è giunto il momento di preparare il caffè con la moka annerita ormai dalle fiamme del braciere improvvisato. «Se mi mancano le comodità? Macché io stavo male in città. Qui le regole le decido io: mi sveglio, vado a fare legna per sgranchirmi e poi mi metto su il caffé».

A metà mattina Leo scende verso Lecco, raggiunge la Caritas per una doccia e un pasto caldo. «Poi faccio un salto in biblioteca dove prendo in prestito dei libri e poi risalgo». Il pomeriggio è dedicato alla sua vera passione, la scrittura, che poi è la ragione di una scelta così controcorrente. «Ho la presunzione di vedermi come un’artista e il sogno di vivere con la scrittura».

Un destino scritto sin dalla culla perché Leo in realtà all’anagrafe è Leone. «Mio papà mi ha chiamato così in onore di Lev Tolstoj». Nomen omen, dicevano i latini, per un ragazzo introspettivo e tormentato che sembra aver preso come riferimento proprio la vita tragica del drammaturgo russo autore di «Guerra e Pace» e «Anna Karenina» per tentare di seguire i suoi sogni. «Scrivo da quando ero adolescente. Ora mi diletto con brevi racconti umoristici che prendono spunto dalla quotidianità riletta in chiave surrealistica».

Nella caverna-casa non si contano le agende sulle quali Leo appunta i suoi pensieri. C’è pure una chitarra malconcia, una radio a batterie e soprattutto un letto improvvisato. «Freddo? No, piuttosto ho patito le infiltrazioni d’acqua che devo risolvere nel più breve tempo possibile». Tra un tiro di sigaretta e l’altro, Leo mette a fuoco la sua visione. «In passato c’erano i tiranni, oggi ci sono la pubblicità e qualcuno che ti convince su come devi costruire la tua vita. Però vedo un sacco di persone egoiste e così non voglio proprio diventare».

L'unico antidoto è stato staccare la spina e Leo assicura che «con i ritmi della natura ho ritrovato l’equilibrio e la creatività. Per adesso va bene così». E mentre i pensieri corrono tra ricerche introspettive e denunce di un mondo che non gli piace più - e che forse non gli è mai piaciuto -, Leo riceve anche visite. Il primo è Antonio, 74 anni, pensionato di Lecco con la passione della montagna. Si ferma per quattro chiacchiere, si sincera del suo stato di salute e poi, come un nonno premuroso, aggiunge che la prossima volta gli porterà del vino perché lui è alpino e se ne intende.

«Vedi, questi gesti gentili - spiega Leo - sono la vera cosa che mi dà la carica e le energie per andare avanti. Io mica sono un misantropo, vorrei solo che la gente cambiasse mentalità». Come dargli torto.
andrea.morleo@ilgiorno.net