Lecco, 25 gennaio 2013 - Aveva costretto per anni il figlioletto di appena otto anni a continui e ripetuti rapporti sessuali. Prima però lo aveva debitamente «istruito» proponendogli la visione di film porno, così avrebbe capito meglio cosa gli sarebbe toccato. Quando non abusava di lui, per punizione lo rinchiudeva nella cantina di casa oppure lo costringeva a mangiare insetti e cibo scaduto. Nella mattinata di ieri il padre-orco - cittadino di origine ungherese, all’epoca dei fatti residente con la famiglia nel Lecchese - è stato condannato a nove anni di carcere, oltre al pagamento di un risarcimento di 100mila euro nei confronti della parte civile, il figlio ormai maggiorenne difeso dall’avvocato Lorella Castagna.

Il pm Rosa Valotta ne aveva chiesti dodici per un uomo che però rischia di non pagare per le atrocità commesse contro il sangue del suo sangue: risulta infatti irreperibile da tempo. Di lui si sono perse le tracce dal 2008: poco prima della sentenza al processo di primo grado - che lo vedeva imputato per gravi maltrattamenti nei confronti del figlio e degli altri fratelli - l’uomo si è dileguato nel nulla. Sapeva benissimo di cosa era accusato e soprattutto a cosa andava incontro.

In primo grado venne condannato a tre anni di carcere, sentenza confermata dalla Cassazione che ritenne illegittimo il ricorso presentato dal suo difensore. Ieri una nuova sentenza di colpevolezza per un reato ancora più grave. Sconvolgente la deposizione della dottoressa Cristina Cazzola, psicologa della comunità per minori piemontese che ebbe in carico il bambino da quando venne allontanato (2007) dalla famiglia. Nella crudezza e precisione dei dettagli della deposizione è emersa una storia agghiacciante, di soprusi inimmaginabili «che lo stesso ragazzo - ha raccontato la psicologa - per molto tempo ha nascosto dietro una rabbia e un’aggressività molto manifeste». Poi, a mano a mano che il programma di recupero dava i primi risultati, «il bambino ha cominciato a raccontare, facendo sempre molto fatica ad affrontare però i temi sessuali verso cui provava grande vergogna».

Per il padre disumano «provava odio e dolore: sognava di ammazzarlo», spiega in aula la psicologa. Col passare del tempo il bimbo «ha dimostrato un’iperattivazione alla sessualità, che è un altro segnale tipico di emulazione di quanto si è subìto». Oggi il bimbo è un ragazzo di diciotto anni. Di fronte ha un futuro da vivere, dietro un passato difficile da dimenticare.

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