di Federico Magni

Lecco, 29 dicembre 2012- Torre Egger: la sfida continua. L’annuncio del ritorno (per la terza volta) dei due Ragni Matteo della Bordella e Matteo Bernasconi in Patagonia per vincere la “Egger” è stato accolto come un colpo di scena nel mondo dell’alpinismo. Dopo essere arrivati a un soffio dal successo sull’inviolata parete Ovest della cima che si staglia nel cielo accanto al celebre Cerro Torre, sembrava che nessuno dei due avesse più intenzione, almeno per il momento, di tornare ad avere a che fare con una montagna forse troppo pericolosa.

Ripensando a quei trenta metri che mancavano al coronamento di un sogno, a un successo che avrebbe dato una scossa all’alpinismo mondiale, non era facile pensare di ritornare a percorrere i passi su uno degli ultimi problemi irrisolti, da molti anni nel mirino dei veterani di quell’ «universo verticale» di granito e di ghiaccio che ha reso celebre la Patagonia in tutto il mondo.
 

Per il terzo anno consecutivo invece i «due Matteo» hanno deciso di tornare a vivere per un po’ nella «truna di ghiaccio» (la buca che sarà la base logistica delle loro arrampicate) ai piedi della Egger. La partenza è prevista per il 19 gennaio. Hanno un vantaggio rispetto all’ultima volta. Ora conoscono molto bene quella parete, anche per la sua caratteristica principale: le pericolose scariche di ghiaccio che a intervalli regolari sconvolgono la montagna e costringono alla fuga chi si trova appeso lì.

Nel 2011 erano arrivati più o meno a metà della parete, mentre all’ultimo tentativo, l’anno scorso, sembrava che la cresta finale e poi la vetta fossero ormai a portata di mano. Accadde però qualcosa di sconvolgente: «Avevamo superato il tiro chiave della via caratterizzato da un grande strapiombo – racconta Matteo della Bordella - Il pianta «spit» (chiodi) si era rotto. Ho realizzato una sosta con un chiodo, «nut e friend». Sembrava buona. Quando mi sono appeso però il chiodo è uscito, e sono uscite anche le altre protezioni. Improvvisamente ci siamo ritrovati nel vuoto io e il «Berna» a centinaia di metri dal ghiacciaio.

Non ci siamo accorti subito, ma eravamo rimasti appesi a un unico piccolo «friend». È stato un duro colpo, soprattutto per il morale perché dopo quel momento continuavo a rivedermi il film della caduta. Tornare su forse era troppo in quel momento». Decisero di tornare a casa. Una parte iniziale con grandi incognite e un’ultima sezione strapiombante con la minaccia di crolli di ghiaccio dalla parte sommitale della montagna dove incombono i famosi funghi che hanno reso celebri queste cime nel mondo: sono le difficoltà che hanno reso fino ad oggi invincibile quel granito che si innalza minaccioso per 1.200 metri.
 

Matteo Bernasconi, 30 anni, fu protagonista tre anni fa di un grande exploit sulla parete Ovest del vicino Cerro Torre insieme a Fabio Salini. Con un assalto lampo infatti realizzarono la prima ripetizione italiana della via dei Ragni del 1974. Matteo della Bordella, 27 anni, invece è conosciuto per il numero impressionante di salite di alto livello in tutto l’Arco alpino e per le sue libere, fra le quali la recentissima Free Rider sul El Capitan in Yosemite Valley. Un forte legame unisce il territorio di Lecco, i Ragni e la parete Ovest della Torre Egger. Nel 1990 infatti due giovani alpinisti – la bellunese Eliana De Zordo e il lecchese Paolo Crippa, che vestiva il maglione rosso dei Ragni – morirono nel tentativo di conquistarla. I due ragazzi avevano solo 24 anni e la loro tragedia ha lasciato un segno indelebile nel mondo della montagna italiano. La loro storia è raccontata nel libro «Torre Egger. Solo andata» del giornalista Giorgio Spreafico.
 

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