Lecco, 19 dicembre 2012 - Un racconto dei disagi che quotidianamente vivono i pendolari. Milva Caglio, 51 anni di Osnago, ci racconta il suo ultimo viaggio. «Dovevamo partire alle 8.04 ma il treno è passato solo alle otto e trenta, forse anche più tardi, praticamente quando avremmo già dovuto essere arrivati destinazione». Quella di ieri è stata un’altra giornata di passione, la settima consecutiva, visto che nei fine settimana l‘ufficio in cui presta servizio è chiuso. Viaggiare ormai per lei, come per tanti altri pendolari, si sta rivelando una via Crucis quotidiana. «Non so nemmeno se effettivamente si trattava della nostra corsa oppure di quella successiva delle 8.34, perché tanto nessuno si degna di dirci mai nulla. Di fatto però è come se un convoglio sia stato soppresso».

 

«Di solito siano obbligati a rimanere stipati come su un carro bestiame, mentre questa volta mi sono accomodata, un vero lusso», ironizza. Ma non perché a bordo si trovassero meno passeggeri, piuttosto perché due carrozze erano gelide: «Sui vagoni freddi entrano in pochi, perché d’inverno la temperatura è veramente rigida e in tanti preferiscono accalcarsi in piedi nei corridoi piuttosto che congelare». In pratica i viaggiatori devono scegliere se rimanere al caldo ma scomodi, schiacciati dai compagni di sventura, oppure se appoggiare il sedere su una poltrona con il rischio di prendersi un accidente. «Non è uno scherzo, è tutto vero, ci dobbiamo accontentare di scaldarci col fiato reciproco. Settimana scorsa sono stata male tutte le notti per il freddo che sono stata obbligata a mangiare, anche perché sono state chiuse quasi tutte le sale d’aspetto delle stazioni e quindi occorre attendere in banchina, esposti alle intemperie».

 

A parte l’ennesimo ritardo, di 35 minuti e rotti, e il pericolo di assideramento, è tuttavia riuscita nell’impresa di raggiungere all’alba delle 9 invece che delle 8.24 il posto di impiego. «Io sono comunque fortunata, o mi reputo tale, perché posso recuperare gli arretrati al pomeriggio. Rientro a casa più tardi, ma così non ci rimetto nulla in busta paga. Parecchia gente invece sta subendo, oltre ai disagi, anche danni economici a causa delle ore di lavoro perse che naturalmente nessuno rimborserà mai». E poi ci sono tutti gli altri disservizi: «Porte guaste, condizionamento fuori uso, sporcizia, mancanza di informazioni precise e puntuali per potersi organizzare in caso di problemi...».

 

Altra odissea per i pendolari lecchesi: il treno delle 7.17 è partito con due carrozze chiuse e alle fermate di Calolziocorte, Olgiate Molgora e Cernusco Lombardone alcuni utenti non sono riusciti a salite. Invettive contro il capotreno e i macchinisti che - ricorda la signora Dolores, impiegata che ogni giorno raggiunge Milano in treno - non si sono fatti vedere. «Siamo veramente esasperati, non ne possiamo più - conclude Milva Caglio -. Nei discorsi che facciamo durante il tragitto si percepiscono la rabbia e il malcontento. Io penso che si stia toccando veramente il fondo".

 

di Daniele De Salvo

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