Lecco, 11 dicembre 2012 - La Provincia di Lecco sembra essere salva, così come tutte le altre dopo le annunciate dimissioni del presidente del Consiglio Mario Monti che faranno sì che il decreto che l’accorpava con Como e Varese non venga convertito. Il presidente Daniele Nava esprime soddisfazione: «Questo decreto pare che non sarà convertito, ora dobbiamo sperare che non finisca in tragedia, devono essere ripristinati i fondi che sono stati tagliati alle province, perché se vengono ripristinate le competenze ma non i trasferimenti non si può proseguire l’attività: qualcuno deve dirci come mantenere le strade in ordine, pagare le bollette del riscaldamento delle scuole e occuparci di tutti gli altri aspetti se non abbiamo i soldi».

 

Ora che Villa Locatelli è salva e che le funzioni proseguiranno a rimanere in capo ai vari assessori bisogna attendere l’evolversi della situazion: «Sarebbe meglio che tutto restasse com’è fino a quando non si decide di mettere mano in modo serio a tutto l’apparato periferico. La riforma non deve essere fermata perché cade un governo, la riforma va fatta ma ci si deve rendere conto che questo decreto era sbagliato». Partendo dalla necessità di cambiare le cose, come pare a lui, ovviamente, Nava ricorda che «con il metodo utilizzato dal Governo Monti si è perso un anno seguendo, si sono persi di vista i veri temi e le cose importanti e come tutte le cose che nascono male poi muoiono peggio».

 

A Como, invece, dopo l’ubriacatura delle scorse settimane, quando già si parlava della grande Como, dalla quale sarebbero partiti gli ordini anche per le rivali Lecco e Varese, al brusco risveglio sotto forma di mancata conversione in legge del provvedimento sul riordino delle province. Per ora a Villa Saporiti sono arrivati solo i tagli, prima con l’azzeramento di Giunta e Consiglio che ha trasformato l’ente in un’entità governata da tre persone (l’ex-presidente, ora commissario Leonardo Carioni e due vice nominati dal Prefetto) poi con la drastica decurtazione ai trasferimenti imposto dalla spending rewiev. Finora si era andati avanti tirando la cinghia e consolandosi all’idea della “provincia granda”, con risorse proporzionali a una popolazione di 2 milioni di abitanti e quindi fondi in più anche per Como.

 

Dopo la doccia fredda dei giorni scorsi nessuno sa bene cosa potrà succedere: se si continuerà in questa situazione d’interregno, se si tornerà al voto magari con regionali e politiche per eleggere un nuovo consiglio. Per Chiara Braga, parlamentare del Pd alla Camera «se non c’è la conversione in legge del decreto sul riordino delle province la situazione non tornerà al passato, ma rimarrà nel caos perché resta valido il provvedimento Salva-Italia». Nell’attesa che da Montecitorio si decidano a Como non ci sono i soldi neppure per riparare gli edifici scolastici e pagare il lavoro dei mezzi spargisale.
 

 

di Stefano Cassinelli e Roberto Canali